verifica anticipata dei piani di spesa...
eliminazione dell'obbligo di approvazione da parte dei 27...
e tanto altro ancora siori e siori

fonte: sole24ore Aiuti a tempo contro gli shock
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Aiuti a tempo contro gli shock di Barry Eichengreen Martedí 18 Maggio 2010 Le ultime settimane sono state le più incredibili (e importanti) negli undici anni di vita dell'euro. Prima è arrivata la crisi della Grecia, seguita dal piano di salvataggio europeo. Quando la crisi si è allargata al Portogallo e alla Spagna, è arrivato il piano da 720 miliardi di euro. Infine è arrivato il piano di acquisti (senza precedenti) di titoli di stato spagnoli, portoghesi, greci e irlandesi da parte della Bce. Tutto questo era inimmaginabile un mese fa. Le due settimane sopra le righe dell'Europa sono state caratterizzate anche da previsioni incredibili (e sbagliate): la Grecia sarebbe stata cacciata dall'unione monetaria; Eurolandia sarebbe stata divisa in due tronconi, uno a Nord e uno a Sud; l'euro (e addirittura l'Unione Europea) sarebbe stato abbandonato al suo destino dalla Germania e sarebbe andato in frantumi. Ma invece di chiamarsi fuori, i leader europei hanno raddoppiato la posta. Sono consapevoli che la loro scommessa avrà un costo enorme, qualora dovesse rivelarsi errata. Sono consapevoli che la loro carriera politica ormai è legata a questa grande scommessa. Ma sono consapevoli anche che avevano messo sul piatto troppe fiches per potersi ritirare dal gioco. Chi pronosticava la fine dell'euro si è sbagliato perché non ha tenuto in debito conto gli aspetti politici. L'euro è il simbolo del progetto europeo. Jacques Delors, uno dei suoi architetti, una volta definì la moneta unica «il gioiello della corona dell'Europa». Abbandonarlo equivarrebbe a dichiarare fallito l'intero progetto di integrazione europeo. È vero che i tedeschi sono furibondi per gli aiuti alla Grecia. È vero che Angela Merkel è la prima cancelliera tedesca del dopoguerra a essere nata dopo la Seconda guerra mondiale. Ma le sue idee e le sue azioni sono influenzate dalla società in cui vive, che a sua volta è influenzata da quella storia. E quello che vale per Merkel vale per l'Europa. Ecco perché i leader europei hanno ingoiato il rospo e hanno deciso queste misure senza precedenti. Ma ora che hanno raddoppiato la posta, gli europei hanno il dovere di far funzionare l'unione monetaria. L'Europa ha banconote eccellenti, ha una Banca centrale eccellente. Ma manca degli altri elementi costitutivi di un'autentica unione monetaria. Ora deve crearli, e in fretta: e per fare una cosa del genere bisogna affrontare materie che in passato erano considerate off-limits. Per prima cosa, l'Europa ha bisogno di un patto di stabilità vero, che sia fatto rispettare. Questo succederà di sicuro, perché la Germania insiste e non molla la presa. Secondo la proposta della Commissione europea, il patto rafforzato prevederà limiti al disavanzo più stringenti per quei paesi con un forte debito pubblico. Via tutte le eccezioni e le esenzioni. I governi dovranno consentire alla Commissione di vagliare anticipatamente i loro piani di spesa. Secondo, l'Europa ha bisogno di mercati del lavoro più flessibili. Negli Usa, gli aggiustamenti avvengono anche attraverso la mobilità dei lavoratori. L'Europa non potrà mai essere come l'America da questo punto di vista, per via delle barriere linguistiche e culturali. Il vecchio continente, tuttavia, dovrà puntare sulla flessibilità salariale per potenziare la competitività delle sue aree meno sviluppate, e la flessibilità salariale non è una prerogativa che abbondi in Europa. Tuttavia, i recenti tagli agli stipendi del settore pubblico in Spagna e in Grecia dimostrano che l'Europa è capace di flessibilità salariale. Terzo, l'area euro ha bisogno di una coassicurazione di bilancio. Ha bisogno di un meccanismo di trasferimenti temporanei in favore di quei paesi che hanno messo in ordine i loro conti pubblici, ma sono vittime di shock esterni. Per mettere le cose in chiaro, non sono favorevole alla temuta (dalla Germania) "unione dei trasferimenti", cioè l'istituzione di trasferimenti ricorrenti a paesi come la Grecia. Sono favorevole a trasferimenti temporanei in favore di paesi quali la Spagna, che prima della crisi aveva i conti pubblici in ordine, ma poi è stata colpita dalla crisi dell'immobiliare e dalla recessione. Sono favorevole a un'assicurazione sui bilanci che viaggi nei due sensi. Quarto: la zona euro ha bisogno di un autentico meccanismo di finanziamenti d'emergenza. Le emergenze non vanno affrontate caso per caso da 27 ministri dell'Economia che si affannano per trovare una soluzione prima dell'apertura dei mercati asiatici. E non è il caso che i leader europei, presi dalla disperazione, forzino la mano alla Bce perché risolva le cose. Devono esserci regole chiare sugli esborsi, su chi decide e su quanti soldi sono disponibili. Bisogna eliminare l'obbligo di ottenere l'approvazione di 27 parlamenti nazionali ogni volta che c'è la necessità di agire. Quinto e ultimo: l'Europa ha bisogno di un sistema coerente di regolamentazione del settore bancario. Se la crisi greca è così complicata è anche perché le banche europee sono sottocapitalizzate, sovraindebitate e piene fino alla punta dei capelli di titoli di stato greci, cosa che esclude la possibilità di una ristrutturazione (e quindi di un alleggerimento) del debito greco. Tutto questo è avvenuto perché la normativa bancaria europea è ancora caratterizzata da una corsa al ribasso. La presunta soluzione, i "collegi" di regolatori, è inadeguata. Se l'Europa ha un mercato unico e una moneta unica, deve avere un unico regolatore del settore bancario. È un programma molto ambizioso, qualcuno dirà irrealisticamente ambizioso. Ma è il programma che l'Europa deve portare a termine se vuole che la sua unione monetaria possa funzionare. |