L'INTERESSE SUI PRESTITI TRA PRIVATI
In questa sede parlerò per sommi capi, del concetto di interesse su prestiti concessi in un sistema basato sulla sovranità monetaria pubblica in quanto abbiamo già abbondantemente trattato i suoi aspetti deleteri nell’ambito di una moneta emessa a debito.
L’interesse su un prestito concesso in un sistema economico a sovranità monetaria pubblica e con riserva da effettuarsi sui depositi pari al 100% (comunemente detta riserva frazionaria) in modo da poter prestare soltanto privandosi del proprio denaro, è da ritenersi negativo per i seguenti motivi:
1) L'interesse (come concetto monetario generale) fa andare il sistema sempre e comunque in "anemia monetaria" sia che il prestatore, una volta ricevuto l'interesse, decida di spenderlo, sia che decida di ri-prestarlo.
a) Nel caso il prestatore decida di spenderlo, il sistema avrà un solo danno, dato dal fatto che i beni e servizi che saranno stati probabilmente prodotti grazie al denaro ri-speso o potenzialmente da ri-spendere, saranno di quantità maggiore, ma non essendoci una pari quantità di denaro ri-creato per acquistare il surplus in valore e quantità dei beni/servizi, essi dovranno essere venduti a prezzi inferiori o non essere venduti affatto, mandando il sistema in deflazione. (vedi tabella 1)
b) Nel caso il prestatore decida di ri-prestarlo, il sistema avrà un doppio danno, dovuto oltre che alla deflazione di cui al precedente punto, anche all’impossibilità per il ricevente (prestatario), di rimborsare interamente il debito per mancanza di tutto il denaro necessario (vedi tabella 2)
2) L’interesse (come concetto socio-economico) costringe il singolo soggetto economico, già dal primo giorno dalla concessione del prestito, a produrre incessantemente beni e servizi, in tempi brevi e in quantità maggiori che in assenza di interesse, al fine di rientrare prima e meglio dei capitali prestati e maggiorati degli interessi ma senza sapere [come spiegato nel punto 1) b)] che a livello di sistema, tutti i prestatari non saranno in grado di restituire tutto il debito inclusi gli interessi.
L’assenza di interesse non costringerebbe il singolo soggetto alla produzione forzata o all’iperproduzione, per giunta di scadente qualità, in quanto il denaro avuto in prestito:
a) qualora non usato potrà essere restituito pari pari in quanto dello stesso importo del prestito
b) qualora speso in investimenti produttivi non andati a buon fine potrà essere rimborsato prevedendo (concettualmente) l’annullamento dell’operazione di prestito tramite restituzione del ricavato di vendita dei beni acquistati e eventuale abbuono della parte restante.
Per questo ritengo che quest’ultimo caso debba riguardare solo il prestito statale e che non debba esistere il prestito tra privati ma solo “partecipazione al capitale” e quindi al “rischio d’impresa”
3) L’interesse (come concetto filosofico) non deve essere applicato sul prestito di un bene “inerte”, incapace cioè di produrre frutto da solo, senza intervento dell’uomo. Il denaro in tal senso, è un bene “inerte” in assoluto. Infatti, come ho già detto nei punti precedenti e già discusso tra noi per anni, da 1.000 €uro in circolazione prestati, non sarà mai possibile che ci siano 1.100 €uro da poter rimborsare (se non creati dal nulla ed erogati senza debito). Al massimo sarà possibile, qualora investo i 1.000 €uro (mondo virtuale) in un bene “vivo” come la vigna (mondo reale), ripagare anche gli interessi, ma non nella stessa materia del prestito (denaro-mondo virtuale), ma solo nella materia reale del bene che nel frattempo ha prodotto frutto (anche senza l’intervento dell’uomo).
Quindi (concettualmente) rispetto a un bene “inerte” come un’auto è più facile che un bene “vivo” come una vigna o un gregge, nel tempo aumenti di valore anche senza l’intervento dell’uomo, permettendo al proprietario di pagare anche gli interessi.
Da qui si evince che per pagare l’interesse occorre “sempre” che ci sia “impresa” da parte dell’uomo, che a volte riesce ma altre no. Infatti, se mi prestano 10 €uro (dovendone restituire 11) e comprerò con quei soldi una lama e un manico in legno del valore di 5 €uro cadauna, io dovrò riuscire nell’impresa di metterli insieme per vendere sul mercato un pezzo unico chiamato coltello dandogli un valore di 12€uro coi quali pagare anche l’interesse. Ma se l’impresa di unirli e venderli come pezzo unico non mi dovesse riuscire, io comunque dovrò ripagare anche quell’euro di interesse mandandomi in fallimento.
L’interesse, quand’anche applicato a un prestito erogato privandosi del proprio denaro, è, a mio avviso, da ritenersi ingiusto in quanto configurerebbe un doppio guadagno proveniente da una sola attività. Mi spiego: ciò che io ritengo “giusto guadagno” è solo quello derivante come detto prima, dalle attività “naturali” dell’uomo e dell’ambiente che lo circonda. Il resto è guadagno fittizio.
Quando dico “naturali”, mi riferisco, come detto in precedenza, a ciò che la natura, da sola, riesce a fare per accrescersi, autoriprodursi e accrescere così il valore dei suoi elementi. Ritorna pertanto, il discorso della vigna che produce frutto o del gregge che produce latte o agnellini.
Ma un altro metodo “naturale” di accrescimento del valore delle cose è dato dall’attività dell’uomo, sotto forma di lavoro manuale o intellettuale, di genio, idea e arte. In una parola: “impresa”. L’impresa di creare da elementi vivi o inerti, qualcosa di completamente nuovo. Fare impresa vuol dire “creare valore“. Quindi il giusto guadagno per l’uomo sarà quello ottenuto dal “fare impresa”. Una volta ottenuto quello, l’attività d’impresa ha avuto la sua gratificazione economica ed è sbagliato pensare che il denaro ottenuto da questa attività d’impresa possa essere riutilizzato col prestito e, quindi, guadagnandoci ancora. E’ difficile sradicare questo concetto dalla mente dell’uomo per il semplice fatto che “è sempre stato così”. Siamo vissuti per secoli con l’idea che un bene inerte come il denaro possa di per sé generare “frutto”. Filosoficamente è sbagliato. A livello di sistema economico altrettanto e il perché l’ho spiegato nei punti precedenti.
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Non si escludono integrazioni