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Questa è l'UNICREDIT: risulta: Codice: Seleziona tutto 3. Central Bank of Libya 961.421.874 4,988% ma la Central Bank of Libya cosa dichiara?
ma chi ci crede, dato che:
e che:
e ancora:
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Questa è l'UNICREDIT: risulta: Codice: Seleziona tutto 3. Central Bank of Libya 961.421.874 4,988% ma la Central Bank of Libya cosa dichiara?
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Unicredit, cosa succede con i nostri risparmi? Scritto da Fabrizio Arnhold | Yahoo! Finanza – 19 ore fa UniCredit S.p.A.FTSE ITALIA BANKS CONTENUTO CORRELATO Articolo: Cosa succede ai soldi dei risparmiatori se la banca fallisce mer 28 dic 2011 16:09 CET QUOTAZIONI CORRELATE Simbolo Prezzo Variazione UCG.MI 2,82 +0,26 IT8300.MI 8.535,51 +591,35 Il titolo Unicredit è crollato di oltre il 60% circa dal 3 gennaio a oggi (guarda il grafico). “È chiaro che stiamo monitorando l'andamento del titolo che mostra una volatilità che non ci aspettavamo, ma i fondamentali della banca sono buoni e nei risparmiatori ci sono paure infondate”, ha dichiarato il direttore generale di Unicredit, Roberto Nicastro. I piccoli azionisti, però, possono rimanere danneggiati da un’operazione, quella dell’aumento del capitale, che di certo crea problemi soprattutto a loro. Tanto che l’Adusbef, Associazione difesa consumatori ed utenti bancari, tramite i propri legali ha fatto sapere che sta studiando le “modalità capestro” di aumento di capitale di Unicredit penalizzanti proprio per gli azionisti più piccoli. Una sorta di class action che vorrebbe accertare presunti abusi nel portare avanti l’operazione da parte dei vertici bancari. I tanti risparmiatori e correntisti di Unicredit, in ogni caso, possono stare tranquilli. L’operazione che aumenta il capitale di 7,5 miliardi di euro della banca è certa, garantita da grandi nomi della finanza internazionale come Merrill Lynch, Mediobanca e la stessa Unicredit. Fino al 20 gennaio, data in cui si concluderà la possibilità di acquisto delle nuove azioni per chi è già azionista, il titolo, probabilmente, sarà sottoposto ancora a diverse oscillazioni, a detta degli analisti. E qualche difficoltà, in questo delicato momento di transizione, la può incontrare anche chi ha bisogno di farsi fare un prestito. “Al momento, la nostra banca ha un eccesso di credito rispetto alla raccolta diretta. Lo squilibrio è notevole e ci impone sia di limitare l'espansione in modo selettivo, scegliendo le operazioni che ci interessano di più”. Questo quanto riportato in un documento distribuito nelle filiali di Unicredit, entrato in possesso dell’agenzia MF Dow-Jones (leggi la notizia). Un insieme di regole che gli impiegati bancari sono invitati a seguire prima di erogare credito ai clienti. “Proposte di incremento fido o di nuovo affidamento dovrebbero essere valutate solo per clienti con rating da 1 a 5 (il range va da 1, massima garanzia, a 9 e 5 è il livello limite, ndr). L'atteggiamento dovrebbe essere di mantenimento su clienti con rating 6. Le proposte con rating superiore dovranno essere opportunamente valutate”. Una propensione, appunto, legata alla scarsa liquidità di cui gode il gruppo in questi giorni: la ricapitalizzazione dovrà anche consentire in futuro proprio un maggior credito alle famiglie. Bisogna stare tranquilli. Dopo l’allarme per il crollo, gli investitori hanno adesso diverse opzioni per gestire al meglio il momento di difficoltà economico. Poco meno di 10 giorni, questo è il tempo a diposizione per tutti coloro che hanno nel portafoglio titoli di Piazza Cordusio per decidere il dà farsi. Per prima cosa la scelta riguarda la possibilità di aderire o meno all’aumento di capitale, messo in cantiere dalla banca guidata da Federico Ghizzoni. I numeri dell’operazione si attestano sui 7,5 miliardi di euro, come già detto - la più grande che riguarda una banca italiana -, ed è iniziata il 9 gennaio per concludersi il 20. Si è resa necessaria non solo per rispondere alla richiesta avanzata dall’Eba (l’autorità della banche europee), ma soprattutto per mettersi a posto con le nuove normative di Basilea. In pochi giorni, il titolo ha perso quasi il 64% scendendo fino a 2,28 euro. Ma niente paura, in questi casi sarebbe un errore troppo grande farsi prendere dal panico. Nei giorni scorsi Federico Ghizzoni, ad del gruppo ha detto che “non si aspettava un calo del titolo in Borsa di tale entità ma questo non tocca la bontà dell’operazione”. I dettagli dell’operazione prevedono l’emissione di 3,85 milioni di nuove azioni della banca al prezzo di 1,943 euro ciascuna con uno sconto che si attesta attorno al 43% rispetto al prezzo dei titoli dello scorso anno. In buona sostanza la possibilità offerta agli azionisti della banca è quella di aderire alla ricapitalizzazione acquistando due nuove azioni al prezzo di una vecchia: ossia 3,88 euro per ogni titolo precedentemente posseduto. Ovviamente alle “opzioni” a disposizione degli azionisti è stato assegnato un valore: 1,359 euro e sono negoziate anche loro sul mercato come se si trattasse di azioni normali. Sottoposte alla fluttuazione del prezzo. In sintesi chi deteneva azioni Unicredit nel suo portafoglio agli inizi di gennaio, oggi con l’avvio dell’aumento di capitale, si trova una divisione in due parti: la prima investita in azioni e una parte in opzioni. La somma delle due parti, però, è molto più bassa rispetto al valore iniziale del capitale. Quindi adesso qual è la mossa giusta da fare da parte degli investitori? Ci sono tre opzioni: vendere tutto. Mettendo in conto, purtroppo, perdite consistenti; aderire all’aumento di capitale, esercitando i diritti d’opzione. In questo caso, chi ha nel portafoglio 100 titoli vecchi ha ricevuto da Unicredit 200 diritti d’opzione, grazie al cambio di 2 a 1. Ma anche così, a conti fatti, il pacchetto finale vale meno della cifra versata per acquistarlo. Ovviamente lo scenario cambierebbe se Unicredit risalisse nei listini di Piazza Affari, superando nuovamente i 3,3 euro, come d’altro canto sostengono gli analisti di Banca Akros che addirittura consigliano di fare incetta di titoli. liquidare del tutto o in parte le azioni Unicredit nel portafoglio e con i soldi ricavati comperare solamente i diritti di opzione. La terza ipotesi è quella con la componente di rischio più alta, ma seguita già da molti azionisti in queste ore perché la più conveniente. Per esempio, con la vendita di 100 titoli al prezzo di 2,5 euro, si possono acquistare almeno 400 diritti con le quotazioni di questi giorni che permetteranno di aggiudicarsi almeno altrettante azioni di nuova emissione per un costo di 777 euro (1.943 moltiplicato per 400). E’ chiaro, perciò che se le azioni dovessero tornare attorno ai 3 euro, il capitale varrebbe circa 400 euro in più. Un gioco molto rischioso perché potrebbe replicare quanto già visto per l’aumento di capitale chiuso qualche mese fa dalla Banca popolare di Milano, con diritti in impennata e il prezzo delle azioni di nuova emissione superiore al valore dei titoli esistenti: una situazione devastante per i piccoli azionisti. |
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