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Terremoto, gli hotel mandano via gli sfollati «La Regione non paga, rischio il fallimento» La denuncia di un albergatore di Alba Adriatica, sulla costa teramana: «Quando l'emergenza era gestita dalla Protezione civile abbiamo ricevuto i primi pagamenti. Ora che è tutto in mano alla Regione, non vediamo più un euro». Così l'operatore ha accumulato debiti per 50 mila euro e entro giovedì vuole che i terremotati liberino le stanze. E il suo caso non è l'unico ALBA ADRIATICA. Gli ultimi ospiti provenienti dall'Aquilano dovranno riconsegnare le camere entro fine settimana. E' l'estrema conseguenza cui è giunto un albergatore di Alba Adriatica finito quasi sul lastrico a causa dei ritardi nel rimborso delle spese per l'accoglienza degli aquilani sfollati a causa del terremoto del 6 aprile 2009. «Siamo allo stremo delle forze», si lamenta il titolare dell'hotel che parla a nome di tutti i suoi colleghi che dal 6 aprile del 2009 hanno messo a disposizione le loro strutture per le vittime del terremoto. Sono 130 le strutture ricettive del Teramano coinvolte nell'emergenza e tutt'ora, secondo i dati aggiornati al 13 luglio sul sito internet del commissario per la ricostruzione, in provincia di Teramo sono ospitati 792 aquilani rimasti senza casa. Il contratto sottoscritto più di un anno fa dagli albergatori teramani prevede il rimborso di un primo acconto delle spese al momento della presentazione della fattura e il saldo entro i 60 giorni successivi. «Ma questo non è mai avvenuto», sottolinea il titolare dell'hotel di Alba. «Fino a quando c'è stata la Protezione civile a gestire l'emergenza abbiamo ricevuto pagamenti posticipati, ma con regolarità». Dal 1º gennaio la competenza dei rimborsi è passata alla Regione e i bonifici bancari inviati sono diventati rarissimi. «Ne abbiamo ricevuti un paio, mentre prima ne arrivava circa uno al mese», spiega ancora l'albergatore. «A queste condizioni non posso più ospitare nessuno. Rischio il fallimento». L'ultimo bonifico l'albergatore albense l'ha ricevuto a metà giugno, ed era riferito al saldo delle spese di agosto 2009. Praticamente quasi un anno di attesa. «Nel momento di massima emergenza abbiamo ospitato più di cento aquilani, tenendo occupate tutte le camere disponibili», afferma il titolare dell'hotel. «Dalla Regione dobbiamo ancora ricevere 600mila euro solo per l'albergo». Per far fronte alle spese correnti (stipendi, acqua, luce, gas, lavanderia, alimenti, pulizia, telefono) l'albergatore ha chiesto prestiti in banca, accumulando uno scoperto di mezzo milione di euro. Cifre da fallimento che però non smuovono la Regione. «Non c'è un referente con cui parlare e da cui avere risposte precise», fa notare il proprietario dell'hotel «l'unica cosa che mi hanno detto quando ho telefonato è che l'ente non ha soldi per i rimborsi e che facciamo bene a mandare via gli sfollati». La protesta investe anche aspetti legati alla comunicazione dei risultati raggiunti nella gestione dell'emergenza. «Non mi va che la Regione si prenda meriti che non ha», insiste il titolare dell'hotel. «Siamo stati noi operatori turistici a farci carico dell'ospitalità fornita alle vittime del terremoto». Quello dell'albergatore di Alba Adriatica non è un caso isolato. «Tutti i propietari di strutture ricettive della costa si trovano nelle nostre stesse condizioni», tiene a precisare «e non hanno altra scelta possibilità che cacciare gli aquilani per recuperare qualche soldo con i turisti». Nell'hotel di Alba ne sono rimasti soltanto quattro o cinque, per lo più anziani. «Questa mattina gli abbiamo comunicato che entro giovedì prossimo devono liberare le camere», spiega l'albergore, «non abbiamo più risorse e a queste condizioni non possiamo più tenerli». Gli sfollati dell'aquilano che dovranno lasciare l'albergo di Alba faranno fatica a trovare una sistemazione alternativa sulla costa. «Non credo che verranno ospitati in un altro hotel», conclude l'albergatore. «Ora l'obbligo di trovare una soluzione non è nostro ma dello Stato». Gennaro Della Monica |
sandropascucci ha scritto:Massì.. diciamolo.. non frega un cazzo a nessuno di cambiare VERAMENTE le cose. I singoli cittadini GIUSTAMENTE vogliono solo una casa al più presto e se è berlusconi a dargliela o IGB in persona se ne fottono. Le associazioni DEL LUOGO sono troppo prese dal loro orticello EGO-istico e mal vedono interferenze di terze parti. Neppure un terremoto e la soluzione su un piatto d'argento smuovono le persone. Soluzione DEFINITIVA, tra l'altro e strategicamente utile allo sdoganamento della Lotta, che la vuole attiva e concreta solo sulla Rete. Con l'attivazione di associazioni pro-Abruzzo e un'azione collettiva di informazione sul territorio si sarebbe potuto FARE QUALCOSA DI RIVOLUZIONARIO. Ma ciò a cui si punterà sarà la solita italica PIANGINA. Ci sarà chi bacerà le mani a berlusconi per avergli dato casa e chi lo odierà per NON avergliela data. MA DARSELA DA SOLI, NO, EH?! Ma con chi cazzo vogliamo prendercela se noi in primis non muoviamo un cazzo di dito? bah.
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"L'AQUILA, RICOSTRUIRE E' IMPOSSIBILE" Da "LA STAMPA" di giovedì 28 ottobre 2010 LE PROMESSE E LA REALTA U 11 paradosso II dossier presentato a Venezia: serve una legge speciale per ripristinare procedure normali "1jAquffa, ricostruire e impossibile" La denuncia degli urbanisti: tra dieci anni,, quando i lavori saranno finiti, il centro non esisterà più GIUSEPPE SALVAGGIULO INVIATO A VENEZIA «Quando tra dieci anni sarà ricostruita, l`Aquila non esisterà più». A un anno e mezzo dal terremoto, l`Istituto nazionale di urbanistica, massimo ente di ricerca nel settore, ha pubblicato uno studio sulla ricostruzione che, più che un «libro bianco» come recita il titolo, è un libro molto nero. Si scopre che ancora non si sa chi, come e quando ricostruirà l`Aquila: il decreto legge varato nel pieno dell`emergenza parlava genericamente di un «piano di ricostruzione» rimasto lettera morta. La struttura tecnica che ha ereditato la gestione dalla Protezione civile conta solo cinque dipendenti, di cui un autista e un vigile del fuoco, senza nemmeno un architetto. Comune (guidato dal Pd Massimo Cialente) e commissario straordinario (il governatore Pd] Gianni Chiodi) presentano a distanza di pochi giorni due bandi diversi per progetti sulle stesse aree, generando effetti fantozziani nei cittadini che non sanno a quale partecipa- re. La deregulation urbanistica (il Comune ha detto: costruite dove vi pare) ha prodotto 1500 villette (pietà delle quali abusive) in zone vincolate e persino a rischio idrogeologico. Il centro storico non solo resta inaccessibile, ma è persino vietato ai proprietari ristrutturare le case a spese proprie, né si sa per quanto tempo ancora. Fuori dalla zona rossa, il vaglio dei progetti non avviene a l`Aquila: è stato affidato a due consorzi universitari (valore dei contratto 12 milioni di euro) che smistano le pratiche a tecnici sparsi in tutta Italia. Sicché i fascicoli fanno giri incredibili prima di tornare in Abruzzo. «A me è capitato di presentare un progetto che poi è stato valutato da un perito di Forlì e da uno di Bagnara Calabra, che non sono mai venuti a l`Aquila», racconta Piero Properzi, docente di urbanistica nel capoluogo abruzzese e curatore del rapporto, a cui il sisma ha distrutto casa e ufficio. Gli urbanisti dell`Inu - al dossier, presentato ieri a Venezia nell`ambito della rassegna UrbanPromo, hanno lavo- rato 170 studiosi - non sono talebani e anzi riconoscono alla Protezione civile di aver fatto un miracolo nella costruzione delle new town («Case di qualità costruite in cinque mesi, record mondiale»). Però, spiega Properzi, «l`intervento straordínarío funziona benissimo per l`emergenza, malissimo per governare». Tanto da costringere I`Inu a fare una richiesta disperata e paradossale: «Serve una legge speciale per ripristinare le procedure normali». A cominciare dall`approccio di fronte alla città distrutta dal quattordicesimo terremoto della sua storia. Marco Romano, docente di estetica della città a Milano, usa una metafora sanitaria: «Quando uno arriva in ospedale spappolato dopo un incidente, la prima cosa che si guarda è il cuore: se non funziona quello, inutile rimettere a posto il resto. Ecco, il cuore dell`Aquila, il centro storico, finora è stato ignorato. La Protezione civile ha deciso di partire dalle fratture agli arti». Così nascono le new town, 19 quartieri per 21 mila persone (ora ce ne sono 15 mila) su aree agricole attorno alla città «scelte frettolosamente - spiega Federico Oliva, presidente dell`Inu - e assecondando un calcolo politico, non un disegno strategico». Il rischio è che quando la ricostruzione sarà finita, il centro storico sarà privo di negozi e residenti, tutti definitivamente emigrati nelle nuove periferie. E le new town, polverizzate sul territorio lungo un asse di 14 chilometri, diventeranno «ghetti per marginalità sociali». Inoltre L`Aquila, così atomizzata, «da città dei parchi si trasformerà nella più motorizzata d`Italia, un luna park di mobilità impazzita, perché per ogni cosa bisogna prendere l`auto». Problemi in parte già esistenti, visto che il Comune fatica a fornire gli scuolabus e alcuni genitori hanno fondato un comitato di protesta. «Qui tutti si sentono dei piccoli Bertolaso», chiosa Properzi. Che vede ancora più nero per il futuro: tra archistar e fondi immobiliari scatenati, elezioni comunali alle porte (si eleggerà il sindaco della ricostruzione) e strane imprese campane che si offrono agli aquilani con generosi prestiti, «l`assalto alla diligenza è destinato a continuare». I punti critici LE ABITAZIONI DEL CENTRO Si RISCHIA LA CORSA ALLA VENDITA LE NUOVE RESIDENZE POTREBBERO DIVENTARE DEI ((GHETTI» LE COSTRUZIONI ABUSIVE EDIFICATE ..__ OLTRE SETTECENTO VILLETTE IRREGOLARI LA RAGNATELA BUROCRATICA ASSENTE UN UFFICIO 1 "M1 CENTRALE PER I PROGETTI EDILIZI LE RISORSE ECONOMICHE MAN(A UN PIANO = FINANZIARIO CHE SPIEGHI DOVE TROVARE IL DENARO [.] |
B K P |
I Forconi d'Abruzzo si incontrano per discutere sui contenuti della loro lotta martedì 07 gennaio 2014, 12:32 I Forconi d'Abruzzo si incontrano per discutere sui contenuti della loro lotta Rivceviamo da Dino Rossi, allevatore di Ofena e referente dei Forconi d'Abruzzo, e pubblichiamo. ''Mercoledì ore 19 presso il ristorante Colletortondo Ofena, lungo la ss153, Il Cospa Abruzzo, in qualità di referente dei Forconi d’Abruzzo, con la presente per convocare una riunione dove ci saranno esperti che parleranno dei seguenti punti: 1. signoraggio bancario e sovranità monetaria. Si parla tanto di questi argomenti nei network, ma nella zona mai nessuno si è impegnato a dare una spiegazione dal vivo. Soprattutto che cosa ha comportato, queste due voci a livello di crisi economica e quali azioni dobbiamo adottare per la tutela delle nostre aziende; |
> | L'Aquila, il direttore di Confcommercio si barrica in Bankitalia: "Ho con me benzina" Annuncia sciopero della fame e della sete per dar voce "al grido di dolore dei piccoli commercianti". Sabato scorso le dimissioni del sindaco Cialente per lo scandalo tangenti in Comune 13 gennaio 2014 L'Aquila, il direttore di Confcommercio si barrica in Bankitalia: "Ho con me benzina" Celso Cioni, direttore Confcommercio L'Aquila L'AQUILA - Il direttore di Confcommercio L'Aquila, Celso Cioni, si è barricato nella filiale Bankitalia per lanciare "un grido di dolore dei piccoli commercianti di questa martoriata città". Annuncia l'inizio dello sciopero della fame e della sete e minaccia: "Se saranno forzate le porte del bagno dove sono barricato, ho con me benzina e accendino". Sul posto sono intervenuti anche i carabinieri. Cioni si è rifiutato di uscire, ha chiesto "almeno un colloquio telefonico" con il prefetto. "Voglio ottenere - ha detto - qualche iniziativa concreta per uscire da questa situazione. Sono consapevole che rischio l'arresto, ma per un motivo giusto non ho timori. Questa è una giusta causa per migliaia di persone". Intervistato da SkyTg24 Cioni ha spiegato: "Protesto per difendere i commercianti e i piccoli impenditori costretti dal terremoto a lasciare i propri negozi senza ottenere alcun sostegno e facendo debiti. Il governo deve rivedere le condizioni del sistema bancario almeno nei paesi del cratere e della città, che è ancora militarizzata. Qui non possono essere applicate le stesse regole di luoghi dove non è successo nulla. Siamo stati costretti a respingere finanziamenti di 10mila euro per piccoli imprenditori. La città in queste condizioni non può ripartire. Pretendiamo di poter esercitare il diritto al lavoro come prevede la Costituzione". Un gesto disperato in una città ancora sconvolta dalle dimissioni, sabato scorso, del sindaco Massimo Cialente dopo l'inchiesta per tangenti nella ricostruzione post sisma che ha coinvolto il vice-sindaco. Sulla vicenda Cioni ha detto a Sky: "Sono molto addolorato per ciò che è accaduto e preoccupato per il futuro. Ma preferisco non parlarne. E' una pagina dello stesso libro". |
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