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Le due lauree non esistono: la grillina Marta Grande come Oscar Giannino di Valter Delle Donne/ven 15 marzo 2013/10:26 POLITICA La nuova Pivetti, la futura Nilde Iotti dei grillini è come Oscar Giannino. Insomma, neanche Marta Grande è laureata. Adesso chi glielo dice ai commentatori dei grandi quotidiani? Mercoledì scorso Sebastiano Messina su Repubblica le aveva riservato un incipit da “Dolce Stil novo”: «La guardi da vicino, questa ragazza dallo sguardo soavemente severo che non aveva ancora l’età per essere eletta deputato quando Grillo indisse le parlamentarie..». Messina arriva addirittura a scomodare per lei «il sorriso da Gioconda». Roba da innamorati. Ma non era il solo. Da Michele Serra a Massimo Gramellini parevano tutti entusiasti di questa fotogenica 25enne dal caschetto rosso, «dalla pelle opalescente da contessina» (L’Espresso). Persino il feroce Aldo Grasso sul Corriere della Sera sembrava più indulgente del solito: «A prima vista Marta risulta più affabile del Trio Bersani, la portavoce del comitato Alessandra Moretti, la direttrice di YouDem Chiara Geloni e il portavoce del segretario, Stefano Di Traglia». Nelle selezioni on line dei candidati grillini, aveva ricevuto 335 “mi piace”, sufficienti per il secondo posto in lista nel collegio Lazio 1. Il suo programma elettorale? «La riduzione del traffico di Civitavecchia, la tutela dei parchi e un ambiente salubre e vivibile per tutti». Mancava solo la pace nel mondo. In campagna elettorale risultava come “laureata” nel 2009 in Lingue e commercio internazionale in Alabama (a Huntsville). Su molti giornali era uscito il profilo di «laureata in lingue, sinologa, e quasi laureata in relazioni internazionali». Appena qualche giornalista ha iniziato a fare qualche telefonata di accertamento, i titoli accademici sono improvvisamente spariti dai profili in Rete. La biografia su Wikipedia, dopo decine di modifiche anche in queste ore, ha aggiornato la “laurea” americana in un corso di 63 ore conseguito tra il 2007 e il 2009. E il “master” in Cina? In realtà consisterebbe in un soggiorno estivo a Pechino. Marta Grande in effetti starebbe per conseguire una laurea in Relazioni internazionali all’Università Roma Tre. Le mancherebbe soltanto la tesi. Sarà vero almeno questo? |
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Sandro Pascucci14:23 - Blog BeppeGrillo Sandro Pascucci ha condiviso inizialmente questo post con perché grill0 non parla di signoraggio? (Discussione): Le due lauree non esistono: la grillina Marta Grande come Oscar Giannino di Valter Delle Donne/ven 15 marzo 2013/10:26 POLITICA La nuova Pivetti, la futura Nilde Iotti dei grillini è come Oscar Giannino. Insomma, neanche Marta Grande è laureata. Adesso chi glielo dice ai commentatori dei grandi quotidiani? Mercoledì scorso Sebastiano Messina su Repubblica le aveva riservato un incipit da “Dolce Stil novo”: «La guardi da vicino, questa ragazza dallo sguardo soavemente severo ecc.. |
nota mia: il moscone ha scritto "adesso infatti lo metto in ignore...altrimenti vomito" dopo di che sono sparite tutti i suoi post. MENOMALE!! |
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Radicali Italiani ✔ @Radicali mentre voti #iorivotoilmiopresidente scopri e sosteni i nuovi referendum x far muovere l'Italia. #lisostengo qui -> http://www.lisostengo.it/ Expand 10m schumyno @schumyno #iorivotoilmiopresidente ma sto attento a questi dettagli... http://www.grandeoriente-democratico.co ... ropee.html … meglio Imposimato o Carlassare Expand 17m Blitz quotidiano @BlitzQuotidiano Quirinarie M5s #iorivotoilmiopresidente, Web: “Aveva vinto Casalino o Batman?” - http://www.blitzquotidiano.it/foto-noti ... n-1529508/ … Expand 21m Alessandro Grechi @AleGrechi BREAKING: scoperto l'algoritmo delle #quirinarie: while ( vincitore =! "Beppe Grillo" ) { #iorivotoilmiopresidente } Expand 22m schumyno @schumyno http://www.beppegrillo.it/2013/04/presi ... l#commenti … #iorivotoilmiopresidente #m5s ragazz* bisogna rivotare. "crackers armaioli" hanno attaccato il blog: imbecilli Expand 27m Luca Alagna @ezekiel già che ci siamo: quanto costa l'Ente Certificatore DNV? Chi lo paga? #iorivotoilmiopresidente Expand 31m stefano menichini @smenichini Ma chi aveva vinto le Buffonarie #M5S? #iorivotoilmiopresidente Expand 37m Fra Nerò @fabvix1971 Il comunicato della DNV sull'attacco hacker #M5S #iorivotoilmiopresidente pic.twitter.com/yEqBq3uTyp Expand 38m Tany @Taniuzzacalabra #iorivotoilmiopresidente fin quando non sta bene a Beppe Grillo. Votazioni infinite. Expand 38m Valerio @vgaltieri Lo scemo del villaggio. MT @beppe_grillo: "Votazioni oggetto di attacco di hacker. Oggi #iorivotoilmiopresidente: http://www.beppegrillo.it/2013/04/presidente_dell.html …" Expand 40m Andrea Castagnoli @AndreaCasta89 #iorivotoilmiopresidente senza problemi! Tieni duro @beppe_grillo siamo tutti con te! #M5S http://www.beppegrillo.it/2013/04/presi ... l#commenti … Expand 41m Adriano Biondi @adrianobiondi "È tutta una finta per guadagnare di nuovo con i click al sito di Grillo". Complottisti al quadrato, meravigliosi #iorivotoilmiopresidente Expand 42m Blitz quotidiano @BlitzQuotidiano #iorivotoilmiopresidente Quirinarie M5s, Grillo annulla il voto per “attacco hacker”. Tutto da rifare - http://www.blitzquotidiano.it/foto-noti ... r-1529478/ … Expand 43m CiccioGià @cicciogia Troll, hacker, orchi, gremlins, giornalisti, democratici e liberi pensatori. La rete è un covo di mostri. #m5s #iorivotoilmiopresidente Expand 44m Andrea Castagnoli @AndreaCasta89 Attenzione! #iorivotoilmiopresidente #M5S a causa di un attacco hacker al blog di @beppe_grillo Passate parola! http://www.beppegrillo.it/2013/04/presi ... l#commenti … Expand 46m Federico Mello @fedemello La democrazia digitale, cmq, inizia in tragedia e finisce in farsa #iorivotoilmiopresidente Expand 47m Eugenio Cipolla @EugCipolla Attacchi hacker alle votazioni online del #M5S. Quirinarie annullate. O stava venendo su un candidato sgradito? #iorivotoilmiopresidente Expand 47m Federico Mello @fedemello Avrebbero registrato delle anomalie senza sapere da dove vengono. Ma come, vengono dalla KA$$$TA!!1! #attaccohacker #iorivotoilmiopresidente Expand 49m Brigaden 5 Stelle @torticristian #iorivotoilmiopresidente Perchè evidentemente a qualcuno diamo proprio fastidio. Venite qui a cercare 5 minuti di gloria ? SFIGATI Expand 50m Quotidiani Italiani @QItaliani Presidente della Repubblica a 5 Stelle #iorivotoilmiopresidente: Le votazioni per il Presid... http://bit.ly/YtuLyQ #BG @MindSqueezer Expand 51m Emilio Pavia @emiliopavia #iorivotoilmiopresidente perché quello che avevo votato prima non vi è piaciuto Expand 51m arianna ciccone @_arianna Se fai apologia della democrazia diretta in rete e ti 'fai hackerare' è fail e basta (aspettando di capire meglio) #iorivotoilmiopresidente Expand 55m perpiacere @per_piacere Le gravi violazioni informatiche sono il mancato raggiungimento del quorum pubblicitario concordato con i banner? #iorivotoilmiopresidente |
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grill0 dà i numeri. • 17.177 persone vogliono cacciare un Senatore della Repubblica Italiana. • il 35,6% dei 48.292 con "diritto al voto", secondo regole ARBITRARIE DI BEPPE GRILLO AMICO DEI BANKIERI SPA & CAZZOLEGGO DISSOCIATI SNC • lo 0,2% di 8.674.839 votanti M5S(s) vuole "prendere a calci in culo" [così numerosi post sul lucroso blog dell'ex-comico] il Senatore della Repubblica Italiana e perché? perché questo Senatore è andato in televisione! |
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Grillo e la bugia sul programma scritto da Stiglitz Scritto da Anna C. | Gossip di Palazzo – gio 16 mag 2013 La notizia non è di certo dell'ultima ora, eppure continua a imperversare nei talk show televisivi e in rete: il programma economico del MoVimento5 Stelle non è stato scritto da Joseph Stiglitz, economista di fama internazionale, come ribadito in più occasioni dallo stesso Beppe Grillo. La questione parte da alcune dichiarazioni del comico fatte tempo fa in riferimento ad un presunto programma economico (di cui non si trova traccia): "Noi abbiamo fatto un piano preciso, un piano fatto da migliaia di persone nel mondo… il nostro piano economico l’ha fatto Stiglitz, che è un premio Nobel per l’economia, insieme a persone normali, professori di economia che sono in rete". Qui è possibile vedere il video dell'intervista incriminata (precisamente al minuto 5.53) rilasciata alla tv straniera Msnbc. Ma non è l'unica dichiarazione fatta da Grillo. Riferendosi ancora una volta all'economista ha dichiarato: "Ha collaborato a fare il programma economico, ha scritto la prefazione al libro 'Schiavi moderni'". Leggi anche: Le email private dei grillini e il ricatto hot Ora Grillo ritratta e afferma di non aver mai parlato di una collaborazione tra lui e Stiglitz se non per il suo libro: "Poi Stiglitz ha scritto la prefazione a un mio libro, Brown è stato con me a Bologna a una lezione all'Università, ma non ho mai detto che mi abbiano scritto il programma". Eppure i fatti lo smentiscono e svelano la bugia, già contestata e smentita da comunicati stampa ufficiali e da Jean Paul Fitoussi, ospite a Piazza Pulita: "Beppe Grillo non ha ricette, ripete quello sentito da altri. Un po’ di Krugman, un po’ di Stiglitz, un po’ da me. Ha detto che siamo suoi consiglieri ma non è vero". E per quanto i grillini possano minimizzare l'episodio e difendere il loro leader, la vicenda è imbarazzante, soprattutto perché coinvolge luminari e stampa esteri. Quasi fosse l'ennesima conferma della furberia made in Italy, la stessa tanto critica e combattuta da Grillo, peraltro. |
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ROMA – Il Movimento 5 Stelle chiuderà la campagna elettorale per le comunali di Roma il 24 maggio in piazza del Popolo, con la presenza di Beppe Grillo. ”Dunque dopo la piazza rossa, la piazza tradizionalmente del Pdl. Dopo San Giovanni, un’altra piazza emblematica di Roma spingerà Marcello De Vito verso la conquista della vittoria elettorale”, si legge in una nota M5S. ”Dopo una notte in bianco per gli attivisti che si sono alternati nella coda davanti alla Questura per non perdere la priorità, è stata ottenuta l’autorizzazione per concludere la campagna elettorale a piazza del Popolo il 24 maggio – afferma il comunicato di M5S Roma – Piazza del Popolo sarà una piazza a cinque stelle, quindi verrà presto pianificata l’organizzazione che permetterà il ripetersi di un successo come quello dello Tsunami Tour. Sarà un evento che non lascerà rifiuti per terra e si celebrerà come sempre in un’atmosfera di festa di pacifica democrazia”. |
FALSO IDEOLOGICO. La Gambaro ha rilasciato dichiarazioni personali sull'operato di Grillo Beppe, il pluriomicida colposo che guida, da privato euromilionario, i Deputati e i Senatori della Repubblica Italiana, pagati con le tasse di noi cittadini. Tali dichiarazioni erano relative alla appena subita batosta elettorale e non a un fantasioso e alquanto improbabile "qualcosa di buono". I grillini non hanno fatto nulla di buono e quindi non c'è stato nulla da oscurare. Cmq.. se volesse, il Movimento, avere visibilità basterebbe che Grillo gli concedesse SPAZIO sul suo blog macina euromilioni. Semplice. Ma impossibile. Com'è?! |
- 4.065 persone hanno formulato altre interessanti proposte. Grazie a tutti coloro che hanno partecipato! Guarda il dettaglio dei risultati. |
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L’affaire Casaleggio Quali segreti nasconde il sancta sanctorum della “Associati”. Con quali uomini e quali mezzi governa il movimento di Grillo. Il super potere di una nomenklatura di Salvatore Merlo | 20 Febbraio 2016 ore 06:08 COMMENTA 28 | | Beppe Grillo con Gianroberto Casaleggio (foto LaPresse) Via Gerolamo Morone è quella strada linda ed elegante del quadrilatero della moda milanese che porta a Casa Manzoni, un po’ Brera e un po’ via Montenapoleone, in tre minuti si arriva a piedi in Via filodrammatici, quindi alla Scala, poi un altro passo ed ecco la Madonnina. E’ una Milano che abita, nascosta, in palazzi antichi con atrio spazioso e bel cortile insospettabile. L’affitto medio di un ufficio di rappresentanza, o di un appartamento, tra la boutique di antichità e il grande negozio del design di lusso, è di circa 30 euro al metro quadro. Ed è qui al numero 6 la Casaleggio Associati, disposta in un luminoso appartamento di circa duecento metri quadrati, cinque stanze di cui una molto grande, la sala riunioni, uno spazio cucina, e il piccolo ufficio di Gianroberto Casaleggio: parquet chiaro, muri di un bianco stinto, quasi nulla appeso alle pareti. Stanze, pavimento, sedie, computer e i quindici tra soci e collaboratori di età compresa tra i trenta e i quarant’anni, si confondono in piena e silenziosa armonia come pezzi di una composizione di elementi tutti uguali, fatti della stessa materia. Malgrado siano quasi tutti giovani, e anche molto giovani, si scherza pochissimo. E chini sulle scrivanie, s’avverte soprattutto un battere di tastiere, uno scrollare di mouse, talvolta un sospiro. E’ un luogo razionale, con una sua rituale eleganza, scandita dal contrappunto di varie piante, verdi e a tronco, alte e basse, semi rampicanti, e dalla serie delle bellissime e costose lampade da tavolo, le Artemide Tolomeo. ARTICOLI CORRELATI A Roma il M5s è un insieme di Rosselle O'Hara: #vinciamonoi e ci pensiamo poi Che cosa chiede il Pd al governo per approfondire il caso Casaleggio. L’interrogazione parlamentare in anteprima Chi è Virginia Raggi, la candidata del M5s a Roma, un po' "buon padre di famiglia" e un po' Hillary de' noantri E' morto Casaleggio. I cinque stelle perdono la loro stella Grillo l’illusionista (per gonzi) Il circo dei candidati grillini per Roma passato al setaccio Le elezioni con pajata a Roma e le ipocrisie della Cirinnà L'email scovata dal Foglio che dimostra il controllo di Casaleggio sulle vite dei grillini Lo scoop del Foglio sul metodo Casaleggio arriva in Parlamento Non farmi vincere, no Nuovi documenti grillini confermano lo scoop del Foglio sul metodo Casaleggio Ora Casaleggio spiegherà ai parlamentari come funziona il modello Blog & Associati Perché i non grillini devono sperare che sia grillino il prossimo sindaco di Roma “Presidente Grasso, è ora di rafforzare la sicurezza informatica del Senato” Qui si dimostra che il Foglio fa chiaramente parte del complotto contro il M5s. O no? Visti i bilanci, i grillini si sono “romanizzati” in Parlamento. Inchiesta Casaleggio è per i suoi collaboratori, e persino per gli ex collaboratori che di lui parlano quasi tutti benissimo, l’oggetto meccanico, e allo stesso tempo umano, della proprietà assoluta, totalitaria e demiurgica. La Casaleggio Associati. Diecimila euro di capitale originariamente versato e diviso tra Casaleggio e suo figlio Davide (2950 euro ciascuno), Mario Bucchich e Luca Eleuteri (con 1900 euro di quote), e, prima che lasciasse in fortissima polemica (“Grillo è un megafono che ripropone delle elaborazioni che non necessariamente gli appartengono”) Enrico Sassoon. Più di recente si sono aggiunti due ex dipendenti, Maurizio Benzi e Marco Maiocchi. E tanto Casaleggio appare ieratico, quanto il suo braccio destro Eleuteri – lavora a Milano, ma vive a Genova “per via dello smog” – è invece estroverso, spiritoso, per quanto sia pure lui intimamente persuaso, come del resto anche tutti gli altri, delle stranezze apocalittiche del suo mentore (tipo: la profezia della terza guerra mondiale che scoppierà nel 2020). Anche Davide Casaleggio, il numero due dell’azienda, non sembra figlio di suo padre, nessuno sguardo remoto da bonzo tibetano e niente capelloni. Ma alto e slanciato, con un bel sorriso sui denti bianchissimi, Davide ha piuttosto l’aria del bravo ragazzo uscito da una università americana, malgrado sia proprio lui l’addetto alla procedura delle “disattivazioni” sul blog: il meccanismo con il quale – raccontano i militanti – viene soppresso il dissenso nel corso delle frequenti votazioni web alle quali sono chiamati gli attivisti dell’M5s. E questa pratica della disattivazione merita una parentesi. “Guardi, io sono stato ‘cancellato’, da un giorno all’altro, ‘disattivato’ dal blog, silenziato da qualcuno che a Milano ha premuto un pulsante”, dice Alessandro Cuppone, un fondatore del Movimento a Bologna, più di dieci anni di attivismo. Non l’unico sbianchettato, per la verità una cosa simile è successa a Bologna anche a Lorenzo Andraghetti, altro militante storico. Cuppone lo racconta, ancora, dopo tre anni, con un misto di stupore, divertimento e amarezza: “Ero candidato alle parlamentarie, per le elezioni del 2013. Avevo completato tutta la procedura, ma quando stavo per caricare il video di presentazione, come tutti gli altri, ho improvvisamente notato che era sparita la mia candidatura”. E non una candidatura qualsiasi. Cuppone era uno dei più conosciuti, attivi e apprezzati militanti di Bologna. “Sparita. Non ero più candidabile. Non esistevo. Allora chiamai Marco Piazza e Massimo Bugani, attivisti come me a Bologna, e cercai a telefono anche Filippo Pittarello, uno dei collaboratori di Casaleggio, l’unico con il quale era possibile avere un rapporto diretto. Ma niente. Poi mi chiamò Beppe”. Beppe Grillo? “Sì. Mi disse che ad aprile, molti mesi prima, avevo scritto ‘una cosa su Facebook’…. Io non mi ricordavo niente. Allora gli chiedo: ‘Scusa Beppe, ma cosa ho scritto di male?’. E lui, allusivo: ‘Vai a vedere e poi mi richiami’”. Trattato come un bambino monello. “Insomma cercavo di capire cosa li avesse urtati. Mi sembrava assurdo. Poi a un certo punto ho scoperto: avevo condiviso su Facebook la foto della lettera con la quale Valentino Tavolazzi, uno dei primi epurati dal Movimento, era stato espulso. Io quella foto l’avevo condivisa per solidarietà umana, perché conoscevo Tavolazzi, sapevo che era uno per bene. Ma quel post non era di aprile, come diceva Beppe. Secondo me Grillo nemmeno sapeva le ragioni per le quali io ero stato disattivato dal blog. La verità è che ero stato disattivato perché, lì a Milano, mi consideravano inaffidabile. Era bastato pubblicare quella foto per farli spaventare. E io guardi che stavo nel Movimento dal 2005. Ci credevo, e ancora ci credo. A Bologna il movimento era una meraviglia. Avevamo davvero realizzato la democrazia diretta, assembleare, con una capacità notevole anche di selezionare persone in gamba. Ora la spinta è più alla fedeltà. Alla fine, nel 2013, dal portale di Grillo, per quanto ne so io, furono cancellati almeno trenta militanti. E consideri che io non sono mai stato espulso formalmente”. Anzi. Cuppone è il compagno storico della senatrice Michela Montevecchi, tutt’ora nel gruppo parlamentare grillino. Ma quando raccontava in giro questa storia della disattivazione, i suoi amici nel Movimento, a Bologna, che le dicevano? “Erano increduli. Ma dopo un po’ mi chiedevano: ma cos’è che hai combinato? E insomma, in buona fede o in mala fede, tutti pensavano che avessi qualcosa da nascondere. Che me l’ero meritato, per qualche oscuro motivo. Pazzesco”. Pazzesco, ma neanche troppo. La Casaleggio Associati sembra coltivare l’idea di un antropico livellamento del gruppo parlamentare a Cinque stelle, non di diversità. La diversità, anche solo sospettata, è un pericolo. “Appena entrati in Parlamento ci ordinarono di consegnare user e password delle nostre poste elettroniche”, raccontano Walter Rizzetto e Sebastiano Barbanti, due degli oltre cinquanta parlamentari espulsi o fuggiti dal M5s. Dice Serenella Fucksia, senatrice di fresca espulsione (è stata cacciata il 28 dicembre 2015): “A me il primo dubbio è venuto quando arrivammo a Roma. Quando mi accorsi che c’erano questi viaggi della speranza verso Milano. C’erano gruppi consolidati, che avevano rapporti diretti con questi misteriosi signori della Casaleggio. I milanesi, Bruno Martòn, Manlio Di Stefano, Vito Crimi. E poi i napoletani Ruocco, Sibilia, Fico, Di Maio. E i romani come Lombardi, Taverna e Di Battista. Andavano a Milano a fare strani corsi di comunicazione e chissà che altro”. Poi la signora Fucksia abbassa il tono della voce, e descrive una specie di clima psicotico: “Verso il 10 giugno mi hanno rubato il cellulare in Aula. Sul banco. Sono praticamente sicura che me lo hanno preso per controllare gli sms. All’inizio pensavo che mi avessero fatto uno scherzo”. Dice allora Tommaso Currò, che il gruppo della Camera lo ha lasciato 16 dicembre 2014: “L’ordine implicito è sempre stato di non fare politica, di non fare accordi, di non parlare con nessuno, di obbedire allo staff. Chi sorrideva di sufficienza, prima o poi finiva male”. E insomma in Parlamento gli impedivano di muoversi, di mescolarsi, di fare qualsiasi cosa. Chiusi in un acquario portatile, i parlamentari si sarebbero dovuti muovere come branchi di pesci in Transatlantico: una parete di vetro li avrebbe dovuti dividere dal mondo esterno, che loro vedevano transitare deformato e fioco davanti ai loro occhi. Se pure lo vedevano. “Mi ricordo che quando discutemmo le espulsioni dei primi quattro senatori, in assemblea, lo streaming era parecchio strano. Ogni volta che parlava qualcuno in difesa di quei poveracci, succedeva una cosa incredibile: o andava via l’immagine o s’interrompeva il suono. Guardi, può darsi che fosse un caso, ma era davvero così”, ricorda il senatore Maurizio Romani, oggi iscritto al gruppo misto. E aggiunge: “E le telecamere c’erano sempre. In tutte le assemblee. Anche senza streaming. Molti di noi erano intimiditi, c’era questa idea qui: ma non è che mi buttano fuori, e poi mi espongono alla gogna su Facebook se Casaleggio s’incazza per quello che dico? Io me ne fregavo. Non mi autocensuravo solo perché c’erano delle telecamere. Molti altri no. Per un periodo ci hanno fatto firmare una liberatoria, dicevano che si trattava di girare un documentario sui Cinque stelle. Ma poi le telecamere sono rimaste sempre. C’era Nick il Nero che registrava tutto, e Claudio Messora alla regia”. Messora è stato uno degli uomini della comunicazione del gruppo parlamentare (scelto a Milano dalla Casaleggio): cercato per questo articolo non ha mai risposto agli sms, alle mail, né ovviamente al telefono. Nick il nero, così chiamato perché veste sempre di nero e ha la pelle olivastra, è invece un ex camionista emiliano, anche lui addetto stampa del gruppo parlamentare M5s, molto noto in passato per alcuni video virali rilanciati dal blog di Grillo, e poi considerato fedelissimo dalle parti della Casaleggio Associati per aver contribuito alla cacciata di Giovanni Favia, di cui era amico. “Tutto il gruppo della comunicazione è stato selezionato fuori dal Parlamento e imposto al gruppo parlamentare”, racconta Mara Mucci, giovane deputata, ovviamente fuoriuscita anche lei, e poi fatta oggetto di uno spaventoso linciaggio sui social media. “Com’è arrivato Rocco Casalino, capo della comunicazione al Senato? Mi ricordo una sera in pizzeria, c’erano i milanesi, che hanno maggiore familiarità con la Casaleggio, e certamente Manlio Di Stefano. E loro dicevano: ‘Adesso vi portiamo Casalino’”. Ricorda Serenella Fucksia: “Ci hanno sempre dato ordini. Verbalmente, la mattina via mail…”. Insomma se c’era tra i parlamentari, come statisticamente ci deve pur essere, qualche tipetto cui gli dèi avevano concesso curiosità e voglia di fare, questo modo di “prendere contatto” con il Parlamento non poteva mancare di levargli dalla testa, sul nascere, ogni scintilla politica. Trascinato davanti ai corsi di “programmazione neuro linguistica”, una specie di delirio new age basato sull’idea che certe parole e movimenti possono “condizionare” le emozioni di chi ascolta e guarda, circondato dalle assemblee con telecamere a circuito chiuso, spiato dagli addetti stampa e persino dai colleghi, l’infelice parlamentare a cinque stelle non doveva sentire altro che l’obbligo di seguire il suo branco di pesci nell’aquario chiassoso. E s’avverte nell’aria l’ambiguo e pervasivo sapore della nomenklatura, una strana e invisibile nomenklatura che a quanto pare l’Italia è riuscita a mettere insieme (miracolo nazionale dopo la caduta del Muro) senza nemmeno passare dalla rivoluzione sovietica. Racconta, per esempio, Massimo Artini, eletto deputato del Movimento cinque stelle nel 2013 ed espulso a seguito di consultazione online il 27 novembre 2014, uno dei pochi parlamentari che ha un po’ frequentato la Casaleggio a Milano: “Su tutto il territorio nazionale, in ogni regione, ci sono tre o quatto attivisti ‘sentinelle’. Forse erano ‘sentinelle’, anche Lombardi, Crimi, Fico… Le sentinelle ascoltano, controllano, leggono le chat degli attivisti, e riferiscono i loro sospetti sui militanti che secondo loro ‘deviano’”. Quando a febbraio del 2014 venne ordinata l’espulsione dei primi quattro senatori (Lorenzo Battista, Luis Orellana, Francesco Campanella e Fabrizio Bocchino), Grillo spiegò che l’idea di buttarli fuori derivava da “svariate segnalazioni dal territorio di ragazzi, di attivisti, che ci dicevano che i 4 senatori Battista, Bocchino, Campanella e Orellana si vedevano poco e male”. Dunque prima arrivano le segnalazioni, poi a quanto pare alla Casaleggio decidono disattivazioni, cancellazioni e procedimenti di espulsione, “che chissà come mai vengono sempre accettate dal voto online”, dice Artini. E come mai vengono sempre accettate? “E chi controlla che il voto online sia regolare? Quis cutodiet custodes, chi sorveglia i sorveglianti della Casaleggio?”. Nessuno. Ai tempi delle quirinarie, pare che Gianroberto Casaleggio si fosse rivolto a una azienda di certificazioni. Loro fecero un controllo e dissero che non potevano certificare nulla perché il sistema di voto elettronico era pieno di bug, di difetti di programmazione. E’ tuttavia improbabile che Casaleggio alteri i risultati delle consultazioni aggiungendo o sottraendo voti. Non è necessario. E’ più verosimile quello che racconta un suo ex dipendente, e cioè che negli uffici di via Gerolamo Morone 6 tutti i militanti iscritti al Movimento sarebbero schedati. Esisterebbe infatti un sistema, di banale realizzazione informatica, che registra e ricorda esattamente come ognuno degli iscritti si è espresso in ciascuna delle votazioni. E insomma Casaleggio sa più o meno come la pensa ciascuno dei militanti: chi è più di destra o più di sinistra, chi ha sempre votato contro le espulsioni, chi è a favore o contrario al reddito di cittadinanza, e così via. Ogni voto rimane registrato. Di conseguenza lui può all’incirca prevedere i risultati di qualsiasi futura consultazione. Sa, per esempio, cosa sarebbe successo se il Movimento avesse messo in votazione (cosa che non ha fatto, pour cause) il tema delle unioni civili. Dunque, se Casaleggio volesse orientare un voto, l’operazione sarebbe persino banale, come dimostra il racconto di Alessandro Cuppone sulle parlamentarie del 2013: ti disattiva. Ti fa scomparire. E nello statuto del M5s c’è scritto che può farlo. Articolo 5: “La partecipazione al Movimento è individuale e personale e dura fino alla cancellazione dell’utente che potrà intervenire per volontà dello stesso o per mancanza o perdita dei requisiti di ammissione”. L’uso di questa schedatura trasforma l’abitante della Casaleggio Associati in un’entità onnipotente nel marasma indistinto del Movimento. Solido, vanitoso, assertivo, un po’ permaloso, gentile eppure incapace di vera empatia, Casaleggio “parla poco, non ti guarda mai negli occhi e poi, improvvisamente, interrompe il discorso, ti volta le spalle e se ne va”, ricorda Mauro Cioni, ex project manager alla Webegg, azienda di cui Casaleggio fu amministratore delegato fino al 2003. Non esce quasi mai dalla sua stanzetta di via Gerolamo Morone. E mentre gli altri, soci e dipendenti della sua azienda, vanno al bar dietro l’angolo o mordono un panino in ufficio, lui misura con lo sguardo una delle mele che tiene raccolte in un cestino, la afferra e la mangia in silenzio. Da solo. continua dalla prima pagina Il suo sguardo, se non fosse per una diffusa malinconia che giunge all’astrattezza, potrebbe apparire buono, o forse statico, proiettato altrove, assorto non tanto in riflessioni, quanto in una specie di muta concentrazione. In generale non redarguisce troppo i suoi ragazzi, fa solo domande. In questo modo, con una serie di interrogativi anche bruschi a cui la persona interpellata è costretta a rispondere, Casaleggio costringe il dipendente a rendersi conto, con le sue proprie risposte e contraddizioni, che il lavoro doveva essere svolto in un modo anziché in un altro. Alla Casaleggio vivono tutti un’estasi nevrotica e imitativa. “Durante il mio primo colloquio di lavoro, Casaleggio parlava poco, parole pesate”, ha raccontato una volta Luca Eleuteri, l’allievo prediletto, il socio più anziano. “Notai che dai suoi discorsi mancavano gli avverbi, mi spiegò poi che sono interlocuzioni inutili. Mi ricordo la prima email che scrissi dalla mia scrivania. Mi vien da sorridere, ma fu una delle più belle lezioni di vita ricevute dopo tanti anni di studi… Gianroberto uscì dal suo ufficio, entrò nel mio e disse ‘nella tua email c’è un errore, è importante che tu non ne faccia. Sono i dettagli che contano’. Voltò le spalle e rientrò nella sua stanza. Non ho più inviato una email, e nemmeno un semplice sms, senza aver prima riletto almeno tre volte il testo”. Sulle sue abitudini, su una sua certa mania del controllo, circolano i racconti più inverosimili e leggendari, frutto di rielaborazioni, fantasie, semi verità di un mondo composto di mattoidi attratti dal Movimento 5 stelle e poi in gran parte respinti, dunque pronti, per delusione e rivalsa, per mitomania e congenito complottismo, ad attribuirgli un’intelligenza acutissima e fredda, capace di qualsiasi turpitudine luciferina. Lo disse, esagerando un po’, anche Giovanni Favia, il primo eletto del M5s in Italia, il più famoso degli espulsi: “Una mente freddissima, molto acculturata e molto intelligente, che di organizzazione, di dinamiche umane, di politica se ne intende”. Una narrazione per la verità impalpabile nella quale Casaleggio ama accucciarsi, lasciando che si dica, e che tutto si confonda nell’indistinto, come una polvere che copre ogni cosa. Un pissi pissi malizioso che a lui forse fa comodo, per la politica, ma pure per gli affari, dove attraverso queste leggende senza fondamento (persino l’indimostrato e risibile legame con le massonerie, i fantasiosi collegamenti con i servizi segreti americani e addirittura con non meglio precisati e grotteschi centri di potere finanziario anglo-olandese) gli si riconoscono straordinarie conoscenze e pure profetiche qualità professionali che tuttavia non trovano riscontro né nei medi bilanci della sua piccola azienda né nella scarsa proiezione internazionale di questa sua agenzia di web marketing il cui unico prodotto di vero successo, per ora, è il M5s. E forse, a questo proposito, vale la pena di raccontare un episodio significativo. Nel 2009 il Fatto quotidiano, il giornale di Marco Travaglio, l’aveva coinvolto nella costruzione e gestione del suo sito internet. E insomma mentre Grillo appoggiava esplicitamente la campagna di abbonamenti al Fatto attraverso i palchi, i comizi, gli spettacoli e il blog (da un analisi di mercato, circa il 60 per cento dei primi abbonati risultava essere un simpatizzante grillino), Casaleggio aveva un accordo commerciale con il giornale. Ma a un certo punto l’accordo salta, con la conseguenza che tutti i contenuti del Fatto sponsorizzati da Grillo attraverso il suo blog spariscono. La rottura era avvenuta perché Casaleggio, il visionario, il genio, oltre a chiedere forse troppi soldi, pretendeva anche di avere il controllo sui contenuti del sito, e poneva pure una condizione assurda: sicuro com’era che i giornali di carta fossero destinati a repentina scomparsa, pretendeva che il Fatto non uscisse cartaceo nelle edicole ma solo sul web. L’avessero ascoltato, Antonio Padellaro, Peter Gomez e Travaglio sarebbero falliti in meno di un anno. Oggi la dimensione di quello scampato pericolo è chiara a tutti loro. Con sollievo. Dunque i racconti e le fantasie sulla sua diabolica genialità rendono Casaleggio più misterioso, abile, persino oscuramente capace di quanto forse quest’uomo, ex dirigente allontanato dalla Telecom per non aver brillato alla guida di una controllata (la Webegg), in realtà non sia. Ed ecco dunque la cortina fumogena, la fuffa luciferina. Le voci incontrollate su misteriose e mai verificate sedi all’estero della Casaleggio Associati. Le leggende sui server con i dati degli iscritti al Movimento che sarebbero installati in America. E poi, ancora, come racconta Sergio Di Cori Modigliani, ex militante, autore per Chiarelettere di un libro – “Vinciamo Noi” – con prefazione di Grillo e Casaleggio: “Ma lo sai che va in giro con una chiavetta usb appesa al collo? Lì dentro ci sono i ‘big data’ del Movimento. E poi c’è ‘l’algoritmo’ con il quale controlla gli umori della rete. Lui vede tutto, lui sa tutto”. Ed è insomma un mondo dove ogni cosa è intrecciata e confusa. Seguendo il flusso di questo chiacchiericcio sussurrato non si capisce mai quanto ci sia di vero, di falso e di verosimile. Mentre cosa certa è che i più riconoscibili tra i parlamentari di Grillo hanno praticamente ceduto i loro diritti d’immagine a Casaleggio, ha raccontato Jacopo Iacoboni sulla Stampa: si sono cioè impegnati a caricare tutti i video che li riguardano sul famoso blog. E per ogni video visto, ogni centomila visualizzazioni, per ogni clic, la Casaleggio Associati guadagna. Un pasticcio d’interessi in cui i parlamentari della Repubblica usano i social network per indirizzare le migliaia dei loro elettori su video che poi fanno lievitare i compensi pubblicitari di un’azienda privata. La fonte principale dei ricavi è il blog di Beppe Grillo, ma la società gestisce anche il portale del Movimento, i due siti di informazione (Tze Tze e La Fucina), la tivù streaming (LaCosa). Tutti siti collegati tra loro, e collegati ai parlamentari, al movimento d’opinione e di umori che questi riescono a orientare. Un intreccio d’interessi pubblici e privati non nuovo alla democrazia italiana, per qualcuno forse nemmeno scandaloso e forse (per adesso) anche di modesta entità, ma pure inquietante per l’opacità contrabbandata da trasparenza. La legge 96 del 2012 prevede l’obbligo di presentare un bilancio certificato per tutti i partiti o movimenti che si siano presentati alle elezioni, indipendentemente dal fatto che chiedano o meno l’accesso al finanziamento pubblico. Per ragioni oscure, il Movimento cinque stelle non ha mai depositato il bilancio. Così, dunque, l’azienda di marketing diffonde e ingrossa l’immagine di Di Battista, di Di Maio, di Fico, di Ruocco… e loro, con impeccabile circolarità, accompagnano questo flusso di nuovo verso l’azienda di marketing. “I siti della galassia (TzeTze, LaFucina, LaCosa), nati per cercare di inventare un nuovo sistema di informazione, sono diventati una macchina per creare consenso facile con sistemi di dubbia moralità. Non trovo nessuna differenza tra il Canale 5 del 1994, dove Sgarbi vomitava insulti per creare il brodo necessario a Forza Italia, e LaFucina che usa le tette della Boschi per attirare qualche clic con titoli scandalistici, o propaganda rimedi al limone contro il cancro, o fa terrorismo contro i vaccini che provocherebbero l’autismo”, ha scritto su Facebook Marco Canestreri, collaboratore di Casaleggio dal 2007 al 2010, uno dei ragazzi che lavorò, tra le altre cose, dall’interno della Casaleggio Associati, anche alla costruzione e alla gestione del sito del Fatto quotidiano. L’intuizione di Casaleggio, tra il 2005 e il 2006, fu che la tecnologia di internet rendeva possibile una nuova forma di marketing politico, che ben si adattava a un crescente malumore popolare. All’inizio ci provò con Antonio Di Pietro, di cui era diventato consulente, formalmente incaricato di occuparsi solo del blog, ma in realtà così dentro le meccaniche dell’Idv, e così vicino all’orecchio dell’ex magistrato, da prevaricare l’ufficio stampa del partito, determinando addirittura gli slogan elettorali, e la natura della cartellonistica. “Casaleggio si occupava del blog di Di Pietro ma proiettava la sua influenza sempre un po’ più in là. Per l’amicizia che aveva con Di Pietro arrivava al punto di suggerire battaglie”, ricorda Massimo Donadi, che dell’Idv fu capogruppo alla Camera e membro dell’ufficio di presidenza. Nel 2008 l’Idv spese 539.138,06 euro per lo “sviluppo dell’immagine in rete”. Nel 2009 la spesa lievitò alla bellezza di 893.554,82 euro. E’ l’anno in cui Beppe Grillo, di cui Casaleggio è già da anni il braccio destro, appoggia attraverso il blog, e nei comizi, le candidature di Luigi De Magistris e Sonia Alfano nelle liste dell’Idv per le europee: “Sono dei nostri”. De Magistris viene eletto. E Grillo scrive: “In Europa sarà una voce forte e pulita. Il blog lo sostiene”. Ma poi succede qualcosa, e il rapporto tra Casaleggio e Di Pietro s’interrompe. Così, appena De Magistris si candida sindaco di Napoli, Grillo lo scarica, e pubblica la foto di quello che un anno prima era “uno dei nostri”, con sotto questo interrogativo retorico: “Comprereste un voto usato da quest’uomo?”. Ricorda Donadi: “A me risulta che il rapporto con Di Pietro si interrompe quando Casaleggio suggerì in modo perentorio, perché secondo lui altra via non c’era, che l’Idv rompesse con il centrosinistra e diventasse una forza anti sistema. Lui pensava che in Italia ci fosse spazio per una cosa del genere. Noi ne parlammo in una riunione e decidemmo diversamente. Decidemmo cioè di restare nel centrosinistra, col Pd. E decidemmo anche, di conseguenza, che non c’era nemmeno più spazio per proseguire una collaborazione anche soltanto tecnica con Casaleggio”. Ed è a questo punto che il M5s, esperimento di liste civiche locali, comunali e regionali, diventa, nelle mani della Casaleggio Associati (privata dell’Idv, suo principale cliente: tra il 2006 e il 2009 circa un terzo dei ricavi della Casaleggio Associati arrivava da Di Pietro) un partito con ambizioni nazionali. Sostiene Giovanni Favia, grande espulso: “Non c’era un disegno sicuro che portava alla costituzione del M5s partito nazionale. Tutto è sempre stato condizionato dalla situazione privata e societaria di Casaleggio”. Chissà. Di sicuro, con i suoi collaboratori e soci, Casaleggio ha cambiato le regole del gioco, è andato oltre Berlusconi, oltre il partito liquido o di plastica, immaginando e realizzando un movimento, un partito, che è puro flusso di marketing, con ideologia, valori, istanze e programmi mutevoli, intercambiabili, legati all’analisi dei trend internettiani, agli umori raccolti in presa diretta. Già da prima i partiti si rivolgevano alle agenzie di comunicazione, ai persuasori più o meno occulti, ai guru, ai maghi, agli stregoni, agli oracoli… Ma Casaleggio è andato al di là dell’immaginabile: ha eliminato il partito, e sublimato il marketing. Dunque attraverso la sua agenzia fornisce tutto al Movimento, che è in realtà, nella città e nelle province d’Italia, una tribù eterogenea che senza di lui non avrebbe voce, collegamenti, né capacità organizzativa nazionale: consulenti ed esperti di mercato politico, compulsatori di forum e di ‘social trend’, grafici e teleoperatori, maestri di recitazione e persino supporto psicologico, all’occorrenza. Dunque Pietro Dettori, il vero autore dei post firmati Beppe Grillo. Biagio Simonetta, giornalista che compila contenuti (come quelli del giornale online del movimento, Tze Tze) e poi li gonfia di commenti e ‘like’. Marcello Accanto, altro social media manager. E poi Filippo Pittarello, quadrato, scaltro, serioso, il miglior dipendente di Casaleggio, il suo tuttofare, adesso a capo dell’ufficio stampa M5s a Bruxelles. Fu lui a combinare l’incontro tra Grillo e il leader estremista inglese Nigel Farrage. A maggio del 2013, appena dopo le elezioni, fu sempre lui a tenere il “discorso motivazionale” ai nuovi parlamentari grillini (“ci trattava come dei deficienti da catechizzare”, ricorda Mara Mucci). In un incontro con i militanti, Pittarello spiegò quale fosse l’idea di parlamentare della Repubblica che avevano loro, alla Casaleggio: “Il candidato ideale dovrebbe avere più soft skills che hard skills, cioè più attitudini che competenze”. Una squadra, questa, cui si aggiungono l’informatico (Maiocchi) e lo studioso di marketing e vendite (Benzi). E adesso anche Silvia Virgulti, che insegna ai parlamentari come si fa a parlare in pubblico e che nel 2013 fece ad alcuni di loro le prime lezioni di presenza televisiva nella sede della Casaleggio Associati. Formalmente dipendente del gruppo della Camera, Virgulti, ora si sa, è la fidanzata di Luigi Di Maio che l’ha inserita nell’ambiente, malgrado Casaleggio all’inizio storcesse il naso. E chi oggi può fare politica meglio di un’agenzia di comunicazione, aiutata da un propagandista vociante, eppure malleabile, come Grillo, un vecchio attore egocentrico e sgarbato che però Casaleggio sa prendere per il verso giusto, scomparendo durante le frequenti crisi depressivo-aggressive del tribuno, e ricomparendo invece, con suggerimenti e parole, nei repentini picchi d’entusiasmo e super eccitazione che come un’altalena scandiscono l’esistenza del famoso comico? Lo spartito suonato alla Casaleggio Associati è persino banale: una divisione manichea del basso contro l’alto, del cittadino contro il potere, in un contesto liquido, anzi gassoso, dove ogni posizione politica è ritrattabile, riconvertibile, ribaltabile. Una strategia pubblicitaria portata all’estremo. Così dietro le quinte della grande rappresentazione e della trasparenza, il guru mette al servizio di una tribù eterogenea e un po’ raccogliticcia la potenza arcana di numeri, simboli, icone e rituali. Ma la superiorità morale, la purezza, il mito della trasparenza, malgrado la Casaleggio Associati guadagni com’è s’è visto quattrini, non sono purtroppo un’astuzia, una mossa tattica, un espediente per confondere quei gonzi degli elettori e rintuzzare alla meglio la casta degli avversari, né un trucco per acquistare ricchezza. Loro ci credono davvero, ne sono persuasi. Casaleggio vede se stesso come uno scienziato (infallibile, all’inizio; oggi un po’ meno) impegnato in un grandioso, nobile esperimento di felicità generale, di rigenerazione universale. Ma sembra che per lui il fine giustifichi i mezzi, e chiunque abbia mete più corte, speranze più immediate, sia un infame che dovrebbe avere almeno il pudore di stare zitto quando l’esperimento sfugge qua e là di mano, tra purghe, dissidenze, psicosi, espulsioni e crisi amministrative. |
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DECRETO-LEGGE 1 aprile 2008, n. 49 Misure urgenti volte ad assicurare la segretezza della espressione del voto nelle consultazioni elettorali e referendarie. (GU n. 80 del 4-4-2008) Testo convertito senza modificazioni dalla Legge 30 maggio 2008, n. 96. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione; Visto l'articolo 48, secondo comma, della Costituzione; Visto l'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 2008, n. 20, con il quale sono stati convocati nei giorni 13 e 14 aprile 2008 i comizi per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Visto l'articolo 5 del decreto-legge 15 febbraio 2008, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2008, n. 30, che ha previsto l'abbinamento della annuale consultazione amministrativa con le predette elezioni; Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di intervenire, in vista dell'imminente scadenza elettorale, mediante l'emanazione di disposizioni volte a rafforzare le esigenze di tutela della segretezza del voto in occasione di consultazioni elettorali e referendarie; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 1° aprile 2008; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia; Emana il seguente decreto-legge: Art. 1. 1. Nelle consultazioni elettorali o referendarie e' vietato introdurre all'interno delle cabine elettorali telefoni cellulari o altre apparecchiature in grado di fotografare o registrare immagini. 2. Il presidente dell'ufficio elettorale di sezione, all'atto della presentazione del documento di identificazione e della tessera elettorale da parte dell'elettore, invita l'elettore stesso a depositare le apparecchiature indicate al comma 1 di cui e' al momento in possesso. 3. Le apparecchiature depositate dall'elettore, prese in consegna dal presidente dell'ufficio elettorale di sezione unitamente al documento di identificazione e alla tessera elettorale, sono restituite all'elettore dopo l'espressione del voto. Della presa in consegna e della restituzione viene fatta annotazione in apposito registro. 4. Chiunque contravviene al divieto di cui al comma 1 e' punito con l'arresto da tre a sei mesi e con l'ammenda da 300 a 1000 euro. Art. 2. 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addi' 1° aprile 2008 NAPOLITANO Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri Amato, Ministro dell'interno Scotti, Ministro della giustizia Visto, il Guardasigilli: Scotti |
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Marco Canestrari e la «verità» su Casaleggio L'ex «braccio destro» di Grillo e Casaleggio racconta le origini del MoVimento 5 Stelle e spiega perché le premesse sarebbero state tradite. Davvero? ALESSANDRO D'AMATO venerdì 22 aprile 2016 07:39 22 CONDIVISIONI FacebookTwitterGoogle Marco Canestrari, ex Casaleggio Associati, è la persona che per tanti anni si è occupato del blog di Beppe Grillo per conto della società che oggi presiede la comunicazione del MoVimento 5 Stelle. Dopo la morte del fondatore Canestrari ha rilasciato oggi un’intervista a Jacopo Iacoboni sulla Stampa in cui racconta “i segreti di Casaleggio” e come “l’M5S ha tradito le sue origini”. Canestrari era l’inviato agli incontri nazionali dei meet up, la cinghia di trasmissione tra loro, le cellule originarie del Movimento, e Casaleggio; oggi invece vive a Londra e fa il programmatore informatico. L’intervista inizia con il racconto di un episodio che riguarda Luca Eleuteri e lui: «Al suo funerale mi sono avvicinato a Luca (Eleuteri, il socio di Casaleggio) per salutarlo, lui senza dire una parola mi ha puntato il dito in faccia per venti secondi e mi ha allontanato; forse contava su un presunto accordo di omertà che avrei violato dicendo pubblicamente la mia, ma non sono il tipo». Poi passa al punto della questione: «Il Movimento nel 2013 è stato votato per nove milioni di motivi diversi, nessuno dei quali era ritrovarsi un gruppo parlamentare impegnato in una guerra per bande e a coprire le proprie bugie, a cominciare dagli stili di vita, tutt’altro che francescani. È nato denunciando i politici che usavano la querela per minacciare i giornalisti, e ora spaccia robaccia sui siti legati al blog, e alimenta cultura della minaccia e diffamazione seriale in rete. Sono diventati la voce del nuovo oscurantismo. Come gli antivaccinisti che attirano i clic sui siti. Al ministero della Salute ci mandiamo un antivaccinista? È un sistema che allontana le competenze e attira i ciarlatani». E qui Canestrari fa riferimento ad episodi che sono in realtà già accaduti nel sistema-M5S, ma stranamente sembra non notare che questo tipo di metodo non è mica nato qualche mese o anno fa, ma è la cifra stilistica che ha strutturato la nascita del blog di Beppe Grillo. Per dire: Stefano Montanari, che oggi possiamo ammirare in trasmissioni come le Iene per par condicio, è lo stesso per il quale nel 2006 si raccoglievano fondi sul blog di Beppe per un microscopio. Senza contare i video in cui Grillo parla del signoraggio bancario prima di scoprire – con calma, eh? – che la versione propagandata dai complottisti fosse una bufala. Ancora: il 2 luglio 2006 Beppe Grillo postava sul suo blog la storia di un cellulare che cuoceva le uova per dimostrare quanto fosse dannoso utilizzarlo tenendolo vicino alla testa: canestrari grillo cellulare uova A partire dal giorno dopo moltissimi spiegarono a Grillo che quella era una bufala. Ciò nonostante quel post è ancora lì, senza alcuna modifica e senza alcuna ammissione di responsabilità sull’aver messo in giro una fregnaccia allarmistica di prima categoria. Dov’era Canestrari mentre succedeva tutto ciò? Davvero c’era un bel tempo andato quando le cose da Grillo si facevano sul serio? Canestrari poi parla del direttorio, utilizzato «per fini personali e per acquisire poteri». Ce l’ha chiaramente con Di Maio: «L’ascesa di Di Maio, che Grillo aveva cercato di fermare dicendo “non ci faremo imporre il candidato premier dalle tv”, è speculare all’ascesa di Renzi e coltiva di per sé il germe del tradimento. Davvero qualcuno pensa che l’onorevole Di Maio smetterà di far politica a 37 anni, dopo due mandati? Hanno già creato un patto e una casta di intoccabili: tutto quello contro cui Roberto ci spingeva a lottare». Infine Canestrari racconta il famoso episodio delle firme per i rimborsi referendari, che vide protagonista Serenetta Monti: «Può non vederlo, sì. Non gli vengono dette cose molto importanti che succedono: per i referendum chiesti dal Vday 2 sarebbero potuti arrivare dei rimborsi referendari. Fui mandato dalla Casaleggio a chiedere una delega in bianco in favore di Beppe per la gestione di questi rimborsi. Il comitato referendario era composto da ragazzi del meet up di Roma. Chiesi a Davide di garantirmi che Beppe ne fosse al corrente. Non ricevetti risposta. Ci incontrammo all’hotel Ripetta, sottoposi il documento al comitato e ci fu uno scontro perché alcuni non volevano firmare. Fu chiamato Beppe, che arrivò e disse di non saperne nulla, e annullò tutto. Capisce? Grillo non sapeva ciò che stavano facendo» L’episodio fu anche rievocato dalla stessa Monti in un’intervista a firma di Matteo Pucciarelli su Repubblica tre anni fa: Allora in corso c’era l’organizzazione del secondo V-day in cui i “grillini” raccoglievano le firme per tre referendum: abolizione del finanziamento pubblico all’editoria, dell’Ordine dei giornalisti e del Testo Unico Gasparri. Il documento incriminato che gli emissari di Gianroberto Casaleggio portarono a Roma prevedeva che «i sottoscritti promotori intendono con la presente attribuire formalmente e irrevocabilmente al sig. Giuseppe Grillo, in via esclusiva, ogni diritto al percepimento dei rimborsi (…) conseguenti al compimento delle attività referendarie». Insomma, i soldi sarebbero finiti in tasca al comico genovese. Però nel documento si parla anche di spese. Cioè che pure la raccolta firme sarebbe stata sostenuta economicamente da Grillo. Non fu così? «Fu proprio quel passaggio che non ci piacque, il motivo per cui rifiutammo l’accordo. Perché le spese le stavamo sostenendo noi, autofinanziandoci. Per il primo V-day ricordo che spendemmo 14mila euro, coperti grazie a sottoscrizioni e gadget». Ma chi vi portò questo foglio da firmare? «Marco Canestrari della Casaleggio. Che adesso non lavora più con loro. Ci fu una rivolta collettiva: nessuno aveva intenzione di trattenere un centesimo ma neanche di regalarli. Venivamo da una “scuola” di totale condivisione delle cose da fare. Grillo era lì con me, sembrò davvero non saperne nulla di nulla e ci disse di essere d’accordo con noi». Insomma, a parte le questioni che riguardano il Direttorio non sembra proprio che il M5S abbia tradito le sue origini. Semmai le sta replicando in pieno come ai “bei” tempi. Compresi gli errori. Chissà quando la Casaleggio & Dissociati se ne renderà conto. |
B K P |
sandropascucci 22 aprile 2016 at 8:35 Bell’articolo, come tutti gli articoli che smerdano i grillini: sono per me belli. Ma una domandinen: che c’entra il signoraggio? Dove e quando, di grazia, si sarebbe verificata l’illuminazione del parruccoso amico dei banchieri a riguardo di quella che chiamate “bufala”? Secondo me se un ingordo goloso non vuol parlare male dello zucchero non è certo perché ha capito che lo zucchero non è dannoso.. no? |
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Riforma dei partiti, stop al M5s: sì all'obbligo di democrazia interna Scontro in commissione Affari Costituzionali alla Camera, dove è in esame il testo base della nuova legge. I 5Stelle votano 'sì' alla norma salva-Pizzarotti e sulla proprietà del simbolo di MONICA RUBINO e ALBERTO CUSTODERO 17 maggio 2016 Riforma dei partiti, stop al M5s: sì all'obbligo di democrazia interna Danilo Toninelli, deputato del M5s ROMA - Sulla scia del caso Pizzarotti (pare che Grillo volesse espellerlo per direttissima), il derby fra M5s e Pd si sposta a Montecitorio. Questa volta lo scontro è sulla riforma dei partiti, che affronta i temi della trasparenza finanziaria, ma anche della democrazia interna dei movimenti politici. Il testo base della nuova legge è all'esame della commissione Affari Costituzionali della Camera che, questa mattina, ha bocciato l'emendamento targato 5S che puntava a eliminare l'obbligo di democrazia interna. Per i pentastellati il vincolo di democrazia interna è un rischio, perchè toglierebbe a Grillo (e ai proprietari del simbolo 5Stelle), il potere sul Movimento, come dimostrato dall'ultima sospensione del sindaco di Parma. Lo scontro politico. Il Pd accusa i grillini di non avere regole interne democratiche. Questi si difendono appellandosi alla Costituzione e sostenendo di avere una democrazia sulla Rete. L'emendamento bocciato. Il deputato M5s Danilo Toninelli ha spiegato il senso dell'emendamento dei grillini: "Il metodo democratico interno è già previsto all'articolo 18 della Costituzione". Le norme previste dal testo base del relatore del Pd, Matteo Richetti, ha aggiunto, "violano l'articolo 49 della Costituzione. Il metodo democratico può e deve essere solo esterno al partito. Per questo lo abbiamo fatto". LA PROPOSTA DI LEGGE M5S SULLA TRASPARENZA DEI PARTITI Il testo Pd. Il testo dem presentato dal deputato Matteo Richetti apriva ai grillini rispetto a quello precedente del vice segretario Lorenzo Guerini (che voleva a tutti i costi bandire dalle elezioni i movimenti senza statuto, e dunque il M5s). Il testo Richetti accetta i movimenti senza statuto, a patto che autocertifichino l'esistenza di regole interne, specificandole. Ma il M5s è contrario. Anche dai 5Stelle "sì" a emendamento salva-Pizzarotti. Due emendamenti del presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, Andrea Mazziotti (Sc), votati nel pomeriggio anche dai grillini, riscrivono parte dell'articolo 2 del testo base sulla riforma dei partiti. E, almeno sulla carta, sembrano andare a 'colpire' i 5 Stelle e la loro struttura organizzativa. A partire dalla possibilità di espellere un soggetto dal partito o movimento politico. Con l'emendamento approvato, infatti, in assenza di regole diverse nello statuto o in altri accordi che regolano il partito, varrà il codice civile. La norma è stata soprannominata 'salva-Pizzarotti', il sindaco di Parma sospeso dal M5s. "Da un punto di vista legale - ha detto Mazziotti - la decisione di sospendere Pizzarotti è probabilmente illegittima perché non si capisce su quali regole, principi e delibere si fondi. Grillo pare abbia il potere assoluto di sospenderti, senza contraddittorio. Casi come questo dimostrano quanto sia urgente una legge sui partiti e movimenti politici". Emendamento sul simbolo. Il secondo emendamento votato anche dal M5s, sempre a prima firma Mazziotti, prevede che, in assenza di regolamentazione diversa, il simbolo del partito è di proprietà del partito. E in caso di modifiche, cessioni o concessioni in uso, decide l'assemblea degli iscritti o degli associati. In entrambi i casi, i partiti e i movimenti sono liberi di adottare le regole che preferiscono, ma se non lo fanno, si applicano le regole sopra descritte. Richetti, relatore dem: "La trasparenza è un onere". "Questa è una legge sulla trasparenza, per rendere chiare le procedure, i meccanismi di rendicontazione, per sapere a chi compete l'approvazione del bilancio, a chi le espulsioni. Tutti questi aspetti oggi indispensabili per accedere al 'due per mille' sono estesi a quelli che vogliono correre alle elezioni e che poi sono eletti in Parlamento. La trasparenza è un onere che si deve avere verso i cittadini se si è una forza politica nazionale. Con questa legge, a ogni inottemperanza corrisponde una sanzione economica. Non si dice come deve funzionare una forza politica. Se le espulsioni le decide Grillo, va bene. Ma il M5s ha l'obbligo di far sapere ai suoi elettori che è lui che comanda. Fare un movimento che urla 'uno vale uno' e poi espelle i sindaci per mail è un gioco da ragazzi. E non va bene per la qualità della vita democratica del nostro Paese. Bisogna ridurre il gap tra la narrazione e la realtà". Il programma della Commissione. La commissione tornerà a riunirsi mercoledì. La previsione è che il testo sarà licenziato entro la prossima settimana, così da approdare in Aula entro la fine di maggio. Moretti (Pd): "M5s come il Grande Fratello". Il M5s è passato dalla fase dello streaming a ogni costo, quando consultavano la base su ogni virgola, sino all'esasperazione opposta di un direttorio ristretto che decide le sorti di un sindaco eletto dal popolo sulla base della fedeltà o meno al capo. Triste epilogo di un movimento che è passato dall'uno vale uno, al decide uno solo. Sembra di assistere a una puntata del Grande Fratello più che allo scontro interno a una forza politica". Velo (Pd): "I 5s preferiscono i diktat del guru". È il commento, espresso in un tweet, di Silvia Velo, sottosegretario all'Ambiente e deputata del Pd: A democrazia interna il #M5S preferisce i diktat del guru. Su #regole e #trasparenza, film già visto, c'è chi predica bene e razzola male. — Silvia Velo (@VeloSilvia) 17 maggio 2016 |
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M5S, chi comanda nel Movimento? Ecco come funziona la rete di Casaleggio jr Il figlio del guru Gianroberto e i fedelissimi Max Bugani e David Borrelli nell'associazione Rousseau. Poi un gruppo ristretto di parlamentari in posizioni chiave. Ecco i dirigenti "informali" del sistema operativo DI MAURO MUNAFÒ E LUCA PIANA 28 giugno 2016 3 M5S, chi comanda nel Movimento? Ecco come funziona la rete di Casaleggio jr Venerdì 17 giugno , due giorni prima delle vittorie di Virginia Raggi e Chiara Appendino a Roma e Torino, il contatore delle donazioni ricevute dall’Associazione Rousseau segnava quota 270.493 euro. Tre giorni dopo il voto, era salito a 278.659 euro. L’euforia dei fan del Movimento 5 Stelle per i risultati ottenuti si è fatta subito sentire, facendo crescere ancora un po’ i fondi che Davide Casaleggio ha iniziato a raccogliere dal 25 aprile scorso. Il figlio di Gianroberto, il fondatore del Movimento scomparso a inizio aprile, ha infatti deciso che continuerà ad essere lui l’architetto della piattaforma on line che servirà per gestire le decisioni dei Cinque Stelle, affidata proprio alla neonata Associazione Rousseau. Lo aveva fatto capire sui blog, lo ha ripetuto nella sua prima intervista politica, rilasciata al "Corriere della Sera" martedì 21. «Non intendo candidarmi», ha detto Davide. Tuttavia, coloro che pensavano considerasse l’avventura del Movimento con più distacco manageriale rispetto al padre, hanno dovuto mettere in dubbio questa impressione. Perché il ruolo che si è dato è centrale: «Intendo occuparmi dello sviluppo delle applicazioni di democrazia diretta del Movimento in rete, affinché tutti i cittadini possano fare politica», ha affermato, sostenendo che la piattaforma informatica Rousseau, elaborata dalla Casaleggio Associati e ora donata all’Associazione omonima, «è la prima applicazione al mondo nel suo genere. Siamo all’avanguardia e continuiamo a lavorare». VEDI ANCHE: home-jpg Cinque Stelle e Pd, doppio assalto al governo Renzi Conquistate Roma e Torino, il Movimento prepara la strategia per prendere Palazzo Chigi. Ma il premier deve guardarsi pure dalle manovre di chi nel Pd e nella maggioranza vuole modificare l’Italicum. Anche a costo di cambiare governo Per capire quanto Davide - 41 anni, nato a Milano, laurea in Bocconi - sia al centro del progetto dei Cinque Stelle occorre partire di nuovo da lì, dal sito che raccoglie i fondi. La mascherina è semplice. Riporta il valore complessivo delle donazioni ricevute, i 278 mila euro e rotti citati all’inizio, il numero di chi ha contribuito, 8.522 persone. Il conto è intestato, appunto, all’Associazione Rousseau. Stop. Non un indirizzo, non una partita Iva, non un nome del responsabile legale dell’organizzazione a cui vanno i soldi. È facile scoprire che il conto è presso la filiale di Milano di Banca Etica. Il direttore, Ermenegildo Russo, con grande cortesia spiega però di non poter fornire ulteriori indicazioni su chi siano i rappresentanti dell’Associazione, per non violare le norme sulla privacy. Si torna dunque al web. E lì, in fondo all’informativa sull’utilizzo dei cookies dei blog di Beppe Grillo e dei Cinque Stelle si trova finalmente una traccia: l’Associazione Rousseau ha sede a Milano, al numero 6 di via Gerolamo Morone. Lo stesso indirizzo della Casaleggio Associati. «Un’ombra». Chi ha incontrato Davide quando era con Gianroberto nelle occasioni più politiche lo descrive così, «ben attento a non interferire». Anche chi lo ha conosciuto in famiglia ne parla come di una persona riservata, capace di ritagliarsi il proprio spazio nel portare avanti le attività dell’azienda, soprattutto la consulenza per il commercio on line, uno dei suoi cavalli di battaglia. Della vita privata si sa poco. I giornali hanno ricamato su alcune passioni, gli sport estremi e gli scacchi, esagerando un po’. VEDI ANCHE: Schermata-2016-06-22-alle-17-05-24-png M5s, la piattaforma Rousseau tra sogno e incubo Un sistema operativo, ma soprattutto l'incarnazione di un sogno, quello di Gianroberto Casaleggio, di portare la democrazia digitale al cuore del funzionamento delle istituzioni. Ma i problemi di fondo restano gli stessi: scarsa trasparenza sulle procedure e un generale strapotere di "vertici" che in teoria non dovrebbero nemmeno esserci Negli archivi di "Escape from Alcatraz", celebre gara di triathlon nella Baia di San Francisco, non risulta ad esempio alcuna partecipazione dove sia arrivato sesto assoluto, risultato spesso citato dai media: nel 2010 il suo pur onorevole tempo di 3 ore e 27 minuti gli era valso la posizione 995 su 1.225. Anche i titoli di "Gran Maestro" di scacchi e di scacchista "tra i cinque migliori under 16 italiani già all’età di 12 anni", ripetuti da diversi giornali, sono entrambi definiti «un falso» dal portavoce della Federazione scacchistica italiana, Adolivio Capece, secondo il quale non si trova nei registri nessun punteggio di Casaleggio classificato con il metodo internazionale "Elo". Gli anni passati non c’entrano: le carriere scacchistiche di altre persone famose che giocavano da ragazzi o che hanno smesso da tempo, come il cantante Andrea Bocelli o il musicista Ennio Morricone, sono infatti ricostruibili. «Peccato, sarebbe stato bellissimo averlo come testimonial», si è rammaricato Capece su "Tra poco in edicola", in onda su Radio 1 Rai. Fuori dalla sfera del privato, negli ultimi tempi Casaleggio Jr ha invece fornito diversi segnali sulla linea che vuole dare al rapporto con il Movimento. Sull’Associazione Rousseau, ad esempio, ha pubblicato sul "Blog delle stelle" un’unica notizia ufficiale, che rivela molte cose. Dice che oltre a Casaleggio, nell’organizzazione che svilupperà e supervisionerà la piattaforma dove si scriveranno le proposte di legge e si decideranno i candidati, sono entrati due fedelissimi della prima ora. Il primo è Max Bugani, famoso per aver sempre attaccato chiunque in Emilia Romagna contestasse la linea Grillo-Casaleggio, reduce dalla seconda sconfitta nelle elezioni per fare il sindaco di Bologna: una candidatura ottenuta senza primarie, con tanto di proteste da parte di attivisti e parlamentari. Il secondo è l’europarlamentare David Borrelli, spesso in prima fila nelle proteste contro i dissidenti. Due nomi ai quali ne va aggiunto un terzo: Pietro Dettori, fino a maggio "social media manager" della Casaleggio, ora "responsabile editoriale" dell’Associazione: lo ha annunciato lui stesso su Linkedin, rafforzando la schiera dei collaboratori della ditta entrati nelle strutture decisionali del Movimento. «La mia attività per Rousseau è completamente gratuita», ha detto Davide. Ma quanti e chi sono gli altri membri dell’Associazione? Vengono pagati? E Dettori, è ancora retribuito dalla Casaleggio? Lunedì 20 giugno "l’Espresso" ha mandato queste e altre domande a Casaleggio via mail, su invito della segretaria, senza ricevere le risposte nei tempi utili per la pubblicazione. Se arriveranno, ne daremo conto in un nuovo articolo. Eppure i soldi per la piattaforma vengono versati dai donatori sul conto di un’associazione che ha la sede sempre presso la Casaleggio. Altro dettaglio importante: l’estate scorsa sul blog era stato pubblicato l’organigramma dei responsabili delle varie funzioni tecniche della piattaforma. E qui si diceva che due delle più importanti, il "fund raising" e le votazioni, erano saldamente nelle mani dello «staff», ovvero della Casaleggio. La quale, dunque, si è garantita il controllo di due leve fondamentali per governare il partito: i soldi e il consenso. È difficile prevedere come evolverà il Movimento dopo i successi di Roma e Torino. Nella capitale piemontese, ad esempio, la neo-sindaca Chiara Appendino non ha firmato il contestato codice etico sottoscritto invece da Virginia Raggi, che prevede - tra l’altro - una sanzione di 150 mila euro per chi riceverà «una contestazione a cura dello staff coordinato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio», come si legge nel documento. Appendino ha sempre voluto sottolineare la propria autonomia. Chi la conosce sostiene che ha avuto con Davide un unico incontro, a campagna già lanciata. Lei stessa è stata candidata per alzata di mano dagli attivisti, non on line, e dice di aver scelto gli assessori da sola. L’occasione di governare città importanti è probabilmente troppo ghiotta perché i Cinque Stelle si facciano subito cogliere in castagna su un tema come l’indipendenza degli eletti, sentito anche all’interno. Con il tempo, però, Grillo e Davide dovranno gestire l’apparente contraddizione fra un partito che ha l’ambizione di favorire la «democrazia diretta» ma dove ormai si moltiplicano gli organismi direttivi: il direttorio, scelto interamente dall’alto, il comitato di appello sulle espulsioni, lo staff dei garanti per Roma, l’Associazione Rousseau e i responsabili delle funzioni della piattaforma omonima. Organismi dove numerosi nomi compaiono più volte, da Alessandro Di Battista a Roberto Fico, da Bugani a Borrelli. Altre domande inviate da "l’Espresso" a Davide, rimaste senza risposta. La prima: il Movimento si è sempre opposto all’accumulo di poltrone; tuttavia nell’organigramma molti nomi compaiono più volte; non trova sia una contraddizione? E ancora: alcuni dei presenti negli organigrammi, selezionati dalla Casaleggio, hanno avuto ruoli di primo piano nelle procedure di espulsione di attivisti o eletti; come giudica questo fatto? Infine c’è una delle questioni più annose, quella dei soldi. L’ha sollevata qualche settimana fa in un’intervista a "La Stampa" anche Marco Canestrari, uno dei collaboratori storici di Gianroberto, ormai uscito dalla Casaleggio. Del direttorio e della leadership di Luigi Di Maio ha detto: «Davvero qualcuno pensa che l’onorevole Di Maio smetterà di far politica a 37 anni, dopo due mandati? Hanno già creato un patto e una casta di intoccabili: tutto quello contro cui Gianroberto ci spingeva a lottare». Di Davide: «Non ha nessuna passione politica, a differenza del padre. (…) Vuole solo raggiungere gli obiettivi che si dà. Mancato Gianroberto, il Movimento rimane solo un asset dell’azienda: chi lavora sui portali, sul blog e su Rousseau è assunto dalla Casaleggio, ad essa risponde e lavora anche su altri progetti, estranei alla politica». Chi frequentava Casaleggio padre, racconta che lui ripeteva spesso di averci perso, con la politica, non guadagnato. Una qualche conferma si ha dal bilancio 2014, l’ultimo disponibile, che dopo il boom del 2013 mostra ricavi in calo da 2 a 1,5 milioni, nonché perdite per 151 mila euro. Eppure i siti collegati alla Casaleggio e al Movimento, sono numerosi e frequentati, anche grazie al forte uso di una strategia chiamata "clickbait", "esca da click" in inglese. Funziona così: sui social network vengono condivisi link con una titolazione dai toni allarmisti, in modo da spingere il lettore a cliccare. Così tre casi di intossicazione da tonno diventano "Allarme: non mangiatelo assolutamente potrebbe uccidervi", oppure il ricovero di Vittorio Sgarbi per una colica si trasforma in "Sgarbi, tragica notizia pochi minuti fa". Una tecnica che porta risultati concreti: TzeTze e LaFucina, i siti della Casaleggio che più di tutti ne fanno uso, ricavano oltre i tre quarti dei loro accessi proprio dalle condivisioni sulle bacheche degli utenti. A rendere virali queste notizie ci pensano le pagine Facebook, compresa quella di Beppe Grillo, gestite dai social media manager della società. Ecco perché le altre domande de "l’Espresso" a Davide: i ricavi generati dalla pubblicità sui siti legati al Movimento 5 Stelle, e in particolare di "Beppegrillo.it", producono in qualche modo dei ricavi anche per la Casaleggio Associati? Se sì, quale quota? E ancora: quali sono i ricavi della Casaleggio generati dai siti "tzetze.it", "lafucina.it", "la-cosa.it"? In mancanza di risposte, almeno al momento, non resta che affidarsi a qualche ipotesi, partendo dai dati di Google Adsense, la piattaforma che cura la pubblicità sui siti del sistema. Su TzeTze e LaFucina ogni settimana vengono visualizzate 3-4 milioni di "impression" (pubblicità), mentre il blog di Grillo da solo arriva a 5-10 milioni di spot a settimana. Passare da questi numeri ai dati dei ricavi, non è facile: una stima prudente per siti generalisti e di news permette di indicare tra i 50 centesimi e 1,5 euro di incassi ogni mille visualizzazioni, a cui vanno tolte le commissioni. Questi calcoli porterebbero a collocare tra i 300 e i 700 mila euro annui i ricavi del blog di Grillo e tra i 100 e 300 mila per TzeTze e poco meno per LaFucina. Se le stime fossero corrette, e se i soldi della pubblicità non finiscono altrove, come ipotizza qualcuno, ne verrebbe però una conseguenza. È cioè che la Casaleggio, pur senza arricchirsi, è sempre più un’azienda-partito. Perché tolti i soldi che arrivano dai siti grillini, di altro business ne resterebbe poco. Un bel guaio, per l’autonomia del Movimento. E forse anche per Davide |
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"Muraro è pulita?". "No". I messaggi che inchiodano Di Maio: sapeva che era indagata Il vicepresidente della Camera informato da Taverna e Castaldo il 4 agosto. Il giorno stesso parte la campagna dei vertici #siamotutticonVirginia di GIANLUCA DI FEO e STEFANO CAPPELLINI 07 settembre 2016 DA PIÙ di un mese Luigi Di Maio sapeva. Almeno lui, sapeva tutto dal 4 agosto, quando era stato informato nei dettagli dell'indagine su Paola Muraro. E quindi anche Di Maio, come la sindaca e l'assessora, mentiva quando sosteneva di non potersi pronunciare sulla vicenda in mancanza di notizie giudiziarie certe. In quel giovedì 4 agosto sui quotidiani si parlava del caos rifiuti, delle dimissioni del vertice della municipalizzata ambientale e delle ricche consulenze incassate da Muraro, ma il giovane leader pentastellato viene messo a conoscenza di una questione più scottante: l'inchiesta della procura sulla manager a cui Virginia Raggi ha affidato la sfida di ripulire Roma. A Di Maio le informazioni sono arrivate dai membri del direttorio capitolino, il comitato ristretto che vigila sulle mosse del Campidoglio. Quello che Raggi ha subito avvertito della grana più grande. Sono loro ad avere fatto salire la notizia fino al vertice dei Cinquestelle. E qui bisogna fare i conti con la cronologia nota finora , rivelata dagli stessi protagonisti del lungo silenzio che sgretola la promessa di "legalità e trasparenza" della giunta grillina, sospettata invece di avere peccato in parole, opere e omissioni. Sappiamo che il 5 settembre, durante l'audizione della Commissione parlamentare sulle ecomafie, Muraro rivela di essere indagata. La procura ha infatti risposto a una sua istanza sulla base dell'articolo 335 del codice di procedura penale, comunicandole che il 21 aprile scorso, guarda caso la ricorrenza della fondazione di Roma, era stato aperto un fascicolo contro di lei. Dichiara di averlo saputo il 18 luglio: 47 giorni prima, un mese e mezzo di mutismo. Di questo ha discusso subito con la sindaca, che risulta avere fatto due cose. Anzitutto si èconfrontata con Carla Maria Rainieri, capo di gabinetto ma soprattutto fino a luglio giudice della Corte d'Appello di Milano, che ha sconsigliato Muraro dal presentarsi ai pm. Poi Raggi affronta l'aspetto politico della vicenda. Stando alle sue dichiarazioni, comunica la novità solo al direttorio romano. Si tratta di Paola Taverna, Stefano Vignaroli, Fabio Massimo Castaldo, Gianluca Perilli. Tutti sostengono di non avere detto nulla a Beppe Grillo. E anche Davide Casaleggio si è mostrato totalmente all'oscuro. Ma tacciono pure con il comitato che governa il movimento? Oltre a Di Maio, è composto da Alessandro Di Battista, Carla Ruocco, Roberto Fico e Carlo Sibilia. Sabato 2 agosto c'è una cena che vede allo stesso tavolo la sindaca, il suo fidato vice Daniele Frongia, il direttorio romano e quello nazionale. Ruocco e Sibilia hanno dichiarato pubblicamente di non essere stati informati del caso Muraro. Anche Fico dice di non averne saputo nulla. Ma "Repubblica" è in grado di documentare come almeno il 4 agosto la cabina di regia romana abbia avvertito Di Maio. Rispondendo a un suo messaggio, Paola Taverna gli scrive che dalla procura è arrivato il documento sulla posizione della Muraro. "E' pulito o no?", chiede il deputato. E ottiene immediatamente risposta: "Non è pulito". Nella stessa data Di Maio ottiene un quadro più preciso. Glielo trasmette l'altro membro del direttorio romano Fabio Massimo Castaldo, l'eurodeputato con doppia laurea in legge: il reato contestato dai pm alla Muraro è la "fattispecie di cui al comma 4 dell'articolo 256 del Testo unico sull'Ambiente". Ossia come chiarisce citando il codice: "L'inosservanza delle prescrizioni o la carenza dei requisiti previsti per legge da parte del gestore" degli impianti per il trattamento dei rifiuti. A richiesta del deputato, Castaldo non sa precisare se gli addebiti siano relativi alla gestione dello stabilimento Ama di Rocca Cencia o a quello del Salario. Ma in quel momento Di Maio ha tutti gli elementi per valutare la portata dell'indagine. Ne discute con gli altri big dei 5Stelle o preferisce tacere? E' una domanda fondamentale. Perché nel primo pomeriggio di quel 4 agosto, quando già è a conoscenza dell'inchiesta, il deputato lancia un tweet: "La nostra colpa a Roma è non avere risolto in venti giorni le emergenze create dai partiti in vent'anni ". Quelle parole sembrano dettare la linea al Movimento, che pochi minuti dopo prende posizione compatto con l'hashtag #SiamoTuttiConVirginia. Di Maio, Grillo, Di Battista, Fico, Ruocco, Sibilia si scagliano contro "retroscena e notizie false sui rapporti con Virginia e assessori nel tentativo di screditare l'operato del sindaco e nella speranza (vana) di spaccarci. Virginia e tutti gli assessori stanno lavorando a testa bassa per restituire ai romani una città pulita, ordinata, funzionante, viva e risolvere i danni lasciati da venti anni di mala politica". E accusano "amministratori politici che hanno usato l'azienda pubblica Ama e i soldi dei cittadini per fare i propri porci comodi". Ossia proprio le vicende di cui si occupa la procura, che non solo sta rileggendo le intercettazioni tra Salvatore Buzzi, il braccio destro di Carminati nelle speculazioni di Mafia Capitale, e Muraro ma l'ha anche messa sotto accusa per le certificazioni rilasciate agli impianti dei rifiuti, incarico che le ha fatto incassare un milione e 156 mila euro in dodici anni. Il vertice dei M5S è stato ingannato da Di Maio, spingendolo a una difesa senza se e senza ma di Muraro? Il giorno dopo il deputato ottiene altre notizie. Sono quelle che gli aveva promesso Paola Taverna: una mail riassuntiva della situazione giudiziaria. Anche in questo caso, però, non sembra sia stata condivisa con il resto del direttorio. Che in quel 5 agosto con una nota ribadisce: "C'è estrema fiducia nei confronti dell'assessore Muraro e del lavoro che sta portando avanti. Gli attacchi politici che le stanno muovendo dimostrano che è la persona giusta al posto giusto per scardinare il sistema". "Persona giusta al posto giusto" un'assessora che in quel momento la sindaca, i leader romani e Di Maio sapevano essere sotto inchiesta proprio per la malagestione dei rifiuti? Di Maio torna occuparsi della capitale soltanto il primo settembre quando l'ondata di dimissioni fa vacillare il Campidoglio: "Subiremo altri attacchi, perché ci siamo inimicati le lobby dell'acqua, dei rifiuti e delle Olimpiadi". L'indomani aggiunge: "A Roma ci sono ancora frattaglie di Mafia Capitale ma la magistratura e i carabinieri stanno continuando a lavorare". Certo, omette però il fatto che stanno lavorando anche sul ruolo dell'assessora nella gestione dell'affare rifiuti. Due giorni dopo, il 4 settembre, l'indagine viene infine rivelata pubblicamente. Di Maio si trincera dietro una posizione da Prima repubblica, il distinguo cavilloso tra iscrizione sul registro degli indagati e avviso di garanzia. "A oggi Muraro afferma di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia. Non esistono le carte per poter valutare. Non faccio dichiarazioni sui se". Un maldestro sofisma per cercare un'estrema difesa. La stessa evocata da Muraro e Raggi per giustificare oltre un mese di menzogne: "Noi abbiamo sempre detto che non è arrivato alcun avviso di garanzia". Il peso dei silenzi rischia però di innescare un cortocircuito di falsità. Come è successo due giorni fa, mentre era ancora in corso l'audizione alla Commissione Ecomafie. Alle 19.13 viene fatta trapelare sulle agenzie seguente dichiarazione: "Il direttorio ignorava che Muraro fosse indagata, né tantomeno ne era a conoscenza il mini-direttorio ". Tre ore dopo, a precisa domanda della deputata dem Stella Bianchi, è Raggi stessa a smentire, sostenendo di averne parlato con la regia capitolina. E adesso sappiamo che anche Di Maio era informato. Perché tante bugie? Nessuna spiegazione, solo l'evocazione di complotti. Di Battista twitta: "Credetemi, gira tutto intorno alle Olimpiadi il loro attacco. Ovvero l'obiettivo di quei palazzinari che controllano molti giornali e che hanno perso il controllo della Capitale". Intanto però ha deciso ieri di sospendere il tour estivo nelle piazze per sostenere il No al referendum. Così come Di Maio ha scelto di disertare la prima puntata del talk di Rai 3 Politics, nel quale era previsto come ospite principale. Una fuga dalla verità? |
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